after the hunt – dopo la caccia (2025)

Un film dalle grandi potenzialità (il tema é interessante e attuale), ma davvero poco riuscito.

Il principale problema é nella scrittura. Prima di tutto, é gestito male il ritmo. Tempi dilatati nella parte centrale, in cui i personaggi sembrano girare a vuoto, ripetendosi in faccia gli stessi concetti più volte, e tempi ellittici nella parte finale, dove fin troppo é lasciato all'immaginazione dello spettatore. Il secondo grande problema sono i personaggi, tutti insopportabili, boriosi, poco credibili nel modo in cui riproducono macchietisticamente posizioni del dibattito. Nessuno sembra una persona reale. Potrei dare il beneficio del dubbio e pensare che ci sia qualcosa di intenzionale, se non per il fatto che i personaggi sono scritti allo stesso modo, e con gli stessi difetti, in quasi tutti i film di Guadagnino. In questo caso, non aiuta Julia Roberts, poco espressiva e poco credibile (tra l'altro, sia la tresca tra colleghi sia il fatto che sia untenured non sono compatibili con i quasi 60 anni dell'attrice).

Posso capire la scelta di sceneggiatrice e regista di voler lasciare alla libera interpretazione dello spettatore la complessità di quello che racconta AFTER THE HUNT, però dopo due ore e venti di film, non proprio fluidissimo nella narrazione, girano un po' le albicocche vedere un non finale, una conclusione che amplifica il senso d'incertezza e dubbio che si percepisce fin dall'inizio. Avrei preferito un finale diverso e, soprattutto, una caratterizzazione dei personaggi più incisiva, più chiara e meno densa di retorica e con dialoghi prolissi e, a tratti, verbosi.
Julia Roberts è sempre al top, Guadagnino un po' meno.

Dal trailer mi intrigava,vedendo il film mi ha massacrato... sicuramente sarà riflessivo ma una noia assoluta,non succede praticamente niente con sottofondo una musica orribile e qualche protagonista snervante

Credevo un giallo/thriller interessante e originale, mi sono ritrovato occhi gonfi dal sonno e dalla noia, per questa sconclusionata vicenda raccontata in modo pessimo e con lungaggini verbali inutili. Suono e colonna sonora completano il pasticcio!!

A vedere la sinossi del film sembra un thriller psicologico in piena regola, invece il genere stesso viene destrutturato a favore di una riflessione su dove stia la verità e dove la menzogna. Ambientato nei primi anni duemila, forse per evitare polemiche sulla cultura woke e sul metoo, tematiche che sono sopraggiunte successivamente, mette al centro della storia una presunta molestia sessuale. Da una parte c'è un insegnante associato, collega della protagonista interpretata da Julia Roberts, che viene accusato di molestie sessuali da un allieva di quest'ultima. Il presunto molestatore si difende affermando che è tutto inventato perché ha scoperto che la tesi di dottorato in realtà è scopiazzata da Homo Sacer di Agamben e di conseguenza con questa accusa diffamante vuole coprire tale plagio. Da una parte abbiamo una apparente vittima predestinata in quanto l'allieva in questione é nera, lesbica e fidanzata con un transgender. Mancava solo l'obesità così la lista per farsi discriminare era completa (Cit. Crozza/Feltri). Dall'altra un presunto molestatore che in quanto uomo, in questo casi passa sempre come carnefice per definizione. Interessante lo spunto, ma dallo sviluppo fumoso in cui il personaggio della Roberts funziona nel ruolo ma non sostenuto da una sceneggiatura altrettanto solida, fatta di dialoghi ripetitivi come il tira e molla che dura tutto il film che si trasforma quasi in un esercizio di pura dialettica senza sostanza, non favorito dalla durata eccessiva del film stesso. Una mezzora abbondante in meno avrebbe determinato anche una noia inferiore. Molto fumo e poco arrosto.