breve incontro regia di David Lean Gran Bretagna 1945
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breve incontro (1945)

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locandina del film BREVE INCONTRO

Titolo Originale: BRIEF ENCOUNTER

RegiaDavid Lean

InterpretiCelia Johnson, Trevor Howard, Stanley Holloway, Joyce Carey, Cyril Raymond, Everley Gregg, Marjorie Mars, Margaret Barton, Wilfred Babbage, Alfie Bass, Wallace Bosco, Sydney Bromley, Noël Coward, Nuna Davey, Valentine Dyall, Irene Handl, Dennis Harkin, Edward Hodge, Frederick Kelsey, Jack May, Avis Scott

Durata: h 1.26
NazionalitàGran Bretagna 1945
Generesentimentale
Al cinema nel Settembre 1945

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Trama del film Breve incontro

Laura, sposata e madre di due bambini, incontra casualmente Alec, a sua volta marito e padre. Per simpatia iniziano a uscire insieme, finché si confessano il reciproco sentimento. L'attaccamento alle rispettive famiglie li induce però a lasciarsi dopo un infelice tentativo di incontro amoroso in casa di un amico.

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Voto Visitatori:   8,43 / 10 (20 voti)8,43Grafico
Voto Recensore:   10,00 / 10  10,00
Gran premio del festival del cinema internazionale
VINCITORE DI 1 PREMIO AL FESTIVAL DI CANNES:
Gran premio del festival del cinema internazionale
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Voti e commenti su Breve incontro, 20 opinioni inserite

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  Pagina di 1  

kafka62  @  07/04/2018 10:22:46
   7½ / 10
"Breve incontro" è un film che si colloca nettamente al di qua del rischioso (e frequentemente violato) confine del melodramma cinematografico. La relazione sentimentale di Laura e Alec non è infatti squassata da passioni violente e distruttive, e tantomeno è destinata a sfociare in un esito tragico (Laura non è Anna Karenina, come dimostra mestamente la scena del mancato suicidio); sull'amour fou prevalgono i sensi di colpa, la ristretta morale borghese, l'attaccamento al tetto coniugale e alla routine quotidiana. Gli stessi protagonisti, appartenenti alla middle class di provincia, non hanno alcuna attrattiva, ma sono persone "qualunque" (cosa che peraltro viene sottolineata con insistenza nel corso del film). E' probabilmente questa conclamata "normalità", questa programmatica assenza del "bello" e del "romanzesco" ad aver reso famosa questa operina, diligente e gradevole sì, ma anche assai sopravvalutata nonostante l'innegabile pulizia formale e l'ottima prova degli attori.
La trovata più rimarchevole è sicuramente costituita dalla originale (almeno per quei tempi) costruzione narrativa. Il film inizia infatti dalla fine della storia, senza che lo spettatore sia in grado di comprendere subito l'importanza e il significato di quanto sta accadendo. Solo il successivo racconto della donna, un lungo e pacato flashback, fa capire a posteriori, gradualmente, quanto è avvenuto (si tratta di un ottimo esempio di percezione a scoppio ritardato). Ciò da una parte fa sì che sulla vicenda e sui personaggi incomba costantemente un'atmosfera di malinconica predestinazione (dovuta al fatto che sappiamo già come andrà a finire), dall'altra determina un duplice livello di visione, quello, estraneo e distaccato, di chi assiste ai fatti quasi involontariamente (e la macchina da presa, difatti, prima di inquadrare i due innamorati, indugia distrattamente sugli altri personaggi presenti nel bar della stazione), e quello, avvertito e partecipe, di chi rivede lo stesso episodio con gli occhi della protagonista (così, ad esempio, quella momentanea ed inspiegabile uscita di campo di Laura si rivela alla fine per quello che realmente era, una risoluzione di suicidio non portata a compimento).
Il commento off della storia è un secondo elemento di novità del film, soprattutto quando l'enunciazione dei pensieri della protagonista si sovrappone alle parole e ai suoni della realtà (l'insopportabile cicaleccio dell'amica pettegola). Purtroppo esso tende a sovrapporsi in funzione didascalica anche alle immagini, creando (insieme al pur delizioso refrain del concerto di Rachmaninov) un effetto fastidiosamente enfatico e ridondante: quanto l'inizio è splendidamente ambiguo, tanto il seguito della storia è narrativamente convenzionale, in quanto ogni pensiero e ogni sentimento vengono rivelati, togliendo così ogni possibilità di inespresso.
La morale rinunciataria del film è discutibile, ma questo aspetto viene tutto sommato messo in ombra dalle doti di fine e garbato narratore rivelate da Lean. La vita della piccola borghesia inglese e gli ambienti che fanno da sfondo alla storia (il bar della stazione, il cinema, la sala da tè) sono infatti descritti con scrupolosa meticolosità (in grado di dare risalto anche ad alcune simpatiche figurine di contorno), pur se l'origine teatrale del film (tratto da una commedia di Noël Coward) resta ugualmente molto evidente (lo si desume soprattutto dalla letterarietà dei dialoghi e dal netto predominio degli interni).

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