tre colori - film bianco regia di Krzysztof Kieslowski Francia, Polonia, Svizzera, Gran Bretagna 1994
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tre colori - film bianco (1994)

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locandina del film TRE COLORI - FILM BIANCO

Titolo Originale: TROIS COULEURS: BLANC

RegiaKrzysztof Kieslowski

InterpretiZbigniew Zamachowski, Julie Delpy, Janusz Gajos, Jerzy Stuhr

Durata: h 1.31
NazionalitàFrancia, Polonia, Svizzera, Gran Bretagna 1994
Generedrammatico
Al cinema nel Giugno 1994

•  Altri film di Krzysztof Kieslowski

Trama del film Tre colori - film bianco

La vita di Karol, parrucchiere polacco che vive a Parigi, scorre felicemente. Improvvisamente però viene abbandonato dalla moglie, perde il lavoro e viene insistentemente perseguitato dalla polizia perchè senza passaporto. Gli darà aiuto un compatriota conosciuto in metropolitana.

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 •  TRE COLORI - FILM BLU, 1993
 •  TRE COLORI - FILM ROSSO, 1994

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Voto Visitatori:   7,46 / 10 (64 voti)7,46Grafico
Voto Recensore:   8,00 / 10  8,00
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Voti e commenti su Tre colori - film bianco, 64 opinioni inserite

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Commenti negativiStai visualizzando solo i commenti negativi

Invia una mail all'autore del commento The howling  @  03/12/2012 21:23:57
   1 / 10
Poetico, profondo, ben diretto, ragiona sul senso della vita e ti chiedi se la tua vita potrebbe avere mai un senso se la realtà fosse come quella qui dipinta...

Non dico che i Vanzina sono meglio....ma almeno non sono sboroni e non si prendono minimamente sul serio!

Da vedere? Sì, se piace la crisi dell'uomo moderno.

5 risposte al commento
Ultima risposta 04/12/2012 22.03.30
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Brundle-fly  @  11/12/2008 20:56:14
   1½ / 10
Il trittico di Kieślowski “Tre colori” non è né più né meno che un progetto filmico sulla Trinità cristiana. Dopo il “Decalogo”, per concludere la propria esposizione audiovisiva del “CCC”, il Catechismo della Chiesa Cattolica, e/o del “Credo” come professione di fede ecclesiale, e/o d’un qualunque trattato manualistico di teologia fondamentale, ex apologetica, al regista polacco mancava d’affrontare la dogmatica basilare, quella del concilio niceno-costantinopolitano (325 e 381) e del concilio calcedonese (451).
“Film Blu” è l’illustrazione della “persona” dello Spirito Santo nel senso affettivo conferitogli da sant’Agostino. Dunque non solo come spirito di vita (cfr. l’ecografia finale del nascituro), ma anche come spirito d’amore, fra il Padre come Amante e il Figlio come Amato (cfr. il conclusivo “Inno alla carità” della paolina Prima lettera ai Corinzi, capitolo 13, in particolare le 15 caratteristiche attribuite all’”agàpe”/”charitas” nei versetti 4-7).
“Film Bianco” resterà sempre un racconto eccentrico, bislacco e sconclusionato finché non ci si deciderà ad applicargli la chiave interpretativa della cristologia. L’impotenza del protagonista è quella del Messia fin qui venuto solo come “Agnello immolato” e non ancora come “leone di Giuda” (cfr. Apocalisse 5, 5-6). Il viaggio in aereo e la caduta sanguinosa lungo la scarpata simboleggiano l’Incarnazione. Quando costui giunge a casa è Natale (!) e sul bar dei familiari campeggia l’addobbo d’una stella cometa (!). La sceneggiata ai danni della moglie non è altro che l’allegoria della morte e resurrezione peculiari del triduo pasquale, e la moglie viene punita (carcere=purgatorio?) per il peccato della propria mancanza di fede/fiducia.
“Film rosso” è dedicato alla figura del Padre come giudice onnisciente e passivamente distaccato dalle vicende storiche. Quest’idea del “Deus absconditus” risale nientemeno che a Isaia 45, 15. Ma è solo dal 1800 che riesplode nella cosiddetta teologia dialettico-negativa, prima con “l’infinita distanza qualitativa/ontologica” di Kierkegaard, poi con il Di\o-tutt’altro (“ganz Andere”) di Otto e Barth, e poi di nuovo con l’"etsi Deus non daretur” (“come se Di\o non ci fosse”) di Bonhoeffer. La coprotagonista è obbligata a umiliarsi pregando e supplicando in ginocchio Lui affinché Egli si decida a manifestarsi come Di\o d’amore.
Con i riferimenti della trilogia kieślowskiana al motto della rivoluzione francese si cade dalla padella alla brace. Nella diatriba fra Löwith e Blumemberg su “La legittimità dell’età moderna” (1966), e nel distinguo fra secolarizzazione e secolarismo operato da Gogarten in “Destino e speranza dell’epoca moderna” (1953), il regista prende posizione a favore del cristianesimo, e non soltanto fattualmente ma pure valorialmente: è vero ed è anche un bene che i princìpi apparentemente laici siano in realtà ancora un retaggio della religione del Nazareno.
L’esaltazione acritica della libertà rinvia alla fatidica domanda posta da Platone nell'”Eutifrone” (15b): “È giusto ciò che è santo o è santo ciò che è giusto?” A essa si risponde deformando il concetto di libertà nell'arbitrarismo dispotico se si segue quanto propugnato dal neoplatonismo, dalla scolastica francescana, dall’ultimo Schelling, Wittgenstein e Heidegger. Invece libertà e necessità assolute devono coincidere, poiché l'aristotelico sommo bene per l'intera natura si pone come legge a se stesso, autoreferenzialmente.
La fraternità è un altro residuato cristiano. Per quale motivo, infatti, non parlare piuttosto di solidarietà fra soggetti di dignità paritetica, invece di rifarsi ancora, come pure Baudelaire e Ungaretti, alla consanguineità dipendente dalla presunta discendenza da un unico Padre (eterno)?
Infine l’uguaglianza. In logica matematica un conto è il principio di uguaglianza ("=") e tutt'altro è il principio di identità ("≡"). Solo quest’ultimo non è demoniaco nell’accezione tecnica del termine, vale a dire in quanto “scimmiottamento del Bene”. Demoniaco non è il voler essere identici a Di\o, bensì il voler essere semplicemente “come” Di\o, disonorevolmente soltanto “a sua immagine e somiglianza” (Genesi 1, 26). Ma la tradizione ebraico-cristiana ci ha fatto credere l’esatto contrario e anche in questo caso la rivoluzione francese è caduta nella trappola, con grande sollazzo di Kieślowski.

Discussione proseguita su:
http://www.filmscoop.it/forum/forum_posts.asp?TID=7871&KW=Mauro+Lanari&PN=0&TPN=18

Mauro Lanari

Lory_noir  @  26/08/2007 16:19:03
   5 / 10
Stessa cosa che ho detto per il primo. Trp scene morte, trp silenzi secondo me male utilizzati, un film trp statico! Molte belle immagini, ma veramente poche scene mi hanno realmente emozionato.

6 risposte al commento
Ultima risposta 18/11/2007 11.23.50
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Beefheart  @  25/03/2007 18:37:59
   5 / 10
Secondo capitolo della trilogia "Tre colori", non all'altezza del primo. Vertendo, teoricamente, sul tema dell'uguaglianza, cerca di approfondirlo raccontando la grottesca storia di un uomo umiliato e messo alle strette che, dibattendosi con fatica, riesce a riconquistare il proprio onore per "restituirlo" alla donna amata, nonchè odiata fonte delle sue sventure. La narrazione ha un taglio drammatico piuttosto sobrio, gli eventi si susseguono con un discreto ritmo, la trama c'è; peccato che il tutto finisca, clamorosamente, naufragando nel non senso. A rimarcarne la mediocrità si aggiungono una recitazione non memorabile ed alcune zone d'ombra della sceneggiatura che ne complicano la comprensione. Delusione.

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