Recensione last days regia di Gus Van Sant USA 2005
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Recensione last days (2005)

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locandina del film LAST DAYS

Immagine tratta dal film LAST DAYS

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Immagine tratta dal film LAST DAYS

Immagine tratta dal film LAST DAYS
 

Prima di affrontare la recensione di questo film di Van Sant devo fare una piccola premessa: sono un grande fan dei Nirvana, li seguo dai tempi del loro primo LP "Bleach" e ho continuato a seguirli durante tutta la loro carriera discografica, dal completo anonimato fino al successo planetario.
Chiarito questo, ho deciso di scrivere questa recensione facendo il grande sforzo di essere completamente obiettivo e di non considerare il mio amore per la band di Seattle.

Iniziamo: ero molto entusiasta dal fatto che Gus Van Sant, un regista che ammiro molto, avesse deciso di girare un film ispirato a Kurt Cobain, cantante/chitarrista e leader indiscusso dei Nirvana.
Alla sua uscita nelle sale sono andato di corsa a vederlo, spinto anche dalle buone recensioni di alcuni periodici del settore (o meglio, del mensile italiano di cinema per eccellenza). Risultato: una cocente delusione.

Ho bisogno solo di due aggettivi per descriverlo: noioso ed inutile. Noioso, perché il film è un lungo alternarsi di sequenze relative alle ultime ore di una strafatta rock star in cui non succede quasi niente di significativo.
La pellicola descrive alcuni momenti di vita all'interno di una casa in mezzo ai boschi, dove Blake/Cobain (ricordo che il regista non può utilizzare il nome di Cobain, tanto meno la sua discografia) si trascina farfugliando frasi incomprensibili, interagendo in maniera semicomica ma priva di qualsiasi nesso con la natura del luogo e con i personaggi presenti.
Primo quesito di una lunga serie: è questo il modo in cui il regista indaga sulla psiche del suo protagonista? È bastato farci vedere una persona strafatta, incapace di parlare ed assente (o quasi) da qualsiasi stimolo esterno? Sinceramente non è stato il modo migliore per rappresentarlo e non capisco come si possa costruire una trama priva di logica, facendoci capire poco o niente dei motivi per cui Blake arriva al suicidio.

Forse la vita di Blake non ha una logica vicino alla sua fine (questa è la risposta che mi sono dato all'inizio), ma perché rendere noioso un film che poteva essere costruito in maniera differente, senza utilizzare innanzitutto la tecnica dello sfasamento temporale degli eventi, già vista nel precedente "Elephant" dello stesso Van Sant.
Perché utilizzare noiosissimi piano sequenza, continui silenzi in cui non succede assolutamente nulla, dialoghi privi di significato, un protagonista nullo che si trascina da una parte all'altra senza alcun perché? Ed è per questo che ho utilizzato in precedenza un altro aggettivo: inutile. Molte scene sono assolutamente immotivate!
Una su tutte: i riferimenti omosessuali di Blake e dei suoi compagni (anche la loro presenza è futile, ovviamente, come lo è la leggera somiglianza di due di loro a Groll e Novoselik, gli altri due membri originali dei Nirvana) sono privi di qualsiasi nesso con la narrazione (quale?) degli eventi.

Nessuno a mio parere può capire perché questo film esista. Che il protagonista sia ispirato a Kurt Cobain o no, questo non fa alcuna differenza. Il problema più grosso, se scaviamo alla radice, è che non vedo un film (anche io avrei potuto ideare una pellicola simile!), non vedo una filosofia, non vedo grandi immagini che mi facciano pensare perché quest'uomo si sia tolto la vita e come fosse la sua esistenza prima di allora.
Posso trarne alcune ipotesi, ma solo perché conosco la biografia di Cobain, cosa che non possono certo dire tutti gli spettatori in sala che sono andati a vedere il film.
È incomprensibile come la pellicola possa essere stata descritta da magazine di notevole esperienza nel campo cinematografico come un esercizio di stile, dotato di una profondità e di una poesia degna di grandi successi del passato.

Ci sono comunque anche dei particolari degni di nota: i primi minuti del film (sarebbe stato meglio finisse lì!), i paesaggi tranquilli ed incantati, l'ironia di alcune sequenze, Blake che punta il fucile a due dei suoi compagni addormentati, il distacco della sua anima dopo la morte e qualcos'altro. Ma è troppo poco in un oceano di nulla. Come nulla è stata l'interpretazione della nostra Asia Argento (evanescente come tutti gli altri).
Van Sant sembra quasi convinto di sapere come stesse Cobain qualche istante prima della sua morte. Ma come ha fatto?
Che questo film sia ispirato al leader dei Nirvana o no, non ha importanza. Il regista ha costruito solo la sua opera di autocompiacimento e l'ha tirata avanti troppo a lungo. Peccato!

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Recensione a cura di Mr Black - aggiornata al 01/06/2006

Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell'autore e non necessariamente rappresenta Filmscoop.it

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