Recensione il mio miglior nemico regia di Carlo Verdone Italia 2006
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Recensione il mio miglior nemico (2006)

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locandina del film IL MIO MIGLIOR NEMICO

Immagine tratta dal film IL MIO MIGLIOR NEMICO

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Verdone vs Muccino non è solo lo slogan del film.
E' una visione differente del vivi e lascia vivere, è uno scontro generazionale ben rappresentato nella 20° pellicola del regista e (tragi)comico attore romano. E come i due stessi protagonisti hanno affermato durante le interviste di lancio, è anche un intenso e casuale incontro tra un non-padre e un non-figlio, dove la negazione della famiglia prima e poi la sua "ossessiva" ricerca sono alla base dei sentimenti espressi dal film.
Ci fa ridere il sor Verdone, con la sua tipica gestualità romanesca e la sua esuberanza spontanea anche nelle vesti del signorotto arricchito nella forma, ma sempre genuino nell'animo. Fa ridere e ragionare come suo solito e in questo non è da meno la sua giovane simbiosi, Silvio Muccino.

"Il mio miglior nemico" è la storia di questi due personaggi, che la casualità decide di mettere in rotta di collisione uno contro l'altro, così diversi, così uguali. Come due mondi distinti, uno affermato (ma precario), l'altro allo sbando, che inizialmente si rovinano la vita a vicenda e poi, nel sottotesto dolceamaro in cui si muovono, tentano di recuperare i pezzi delle loro naufragate vicende umane e di ricucire gli strappi di un rapporto destinato ad unirli attraverso la figura della malinconica Cecilia (un'incantevole rivelazione, l'attrice Ana Caterina Morariu).
Lei è il cardine del racconto, figlia di Achille De Bellis e innamorata di Orfeo Rinalduzzi, Verdone e Muccino appunto, uniti solo dalla speranza di ritrovarla dopo la sua sparizione in seguito alla separazione dei genitori per colpa di Orfeo.
E la sua ricerca si rivelerà un road movie all'italiana, in cui non mancano le scene comiche, rette dall'istrionismo di un Verdone in gran forma, che propone tutte le sue sparate dialettiche e le sue furbate destinate a ritorcerglisi contro, o in cui si riflette sui rimpianti di cose che lungo il cammino della vita spesso ci sfuggono davanti agli occhi.

Ecco allora che di fronte all'evidenza (fotografata) del suo tradimento coniugale, dice: «Se queste foto potessero parlà, io le stavo dicendo fermate fermate fermate... ma non possono parlare». In una battuta il significato del film, l'incapacità di comunicare le proprie debolezze finché non è troppo tardi o il nascondersi dietro la falsità, senza il coraggio delle proprie azioni.
Il film ha una doppia anima, che è quella più comica e sbarazzina della prima parte, in cui gli innesti comici sono paradossalmente meno riusciti (quasi vanziniani, come nel caso dei guardoni del Parco), e una seconda che tende alla serietà e al moralismo, dove però le gag sono semplicemente irresistibili. Verdone riesce, con la sua capacità d'interpretare i sentimenti delle persone comuni, dalla generosità alla meschinità, a dar brio ad una regia che rende l'opera ancor più godibile e significativa. In questo lavoro merito anche agli sceneggiatori, che oltre a lui, comprendono Silvia Ranfagni, Pasquale Plastino e Silvio Muccino, un ottimo sparring partner che rende al meglio il disagio familiare in cui è cresciuto e la speranza di aver trovato un nucleo che vorrebbe gli appartenesse.
Questa duplicità racchiude il messaggio intrinseco de "Il mio miglior nemico", in cui non contano le apparenze, ma bisogna saper scavare a fondo e perdonare la persona che si smarrisce. Verdone, infatti, vuole dichiarare allo spettatore che "la famiglia è dove la si trova" e in questo film il messaggio è limpido, perché di fronte a certi avvenimenti imprevisti, fondamentale importanza assume la comunicazione della familiarità e delle sensazioni personali, della risata schietta così come della fiducia reciproca.

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Recensione a cura di Simone Bracci - aggiornata al 15/03/2006

Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell'autore e non necessariamente rappresenta Filmscoop.it

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