Recensione wasabi regia di Gérard Krawczyk Francia, Giappone 2001
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Recensione wasabi (2001)

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locandina del film WASABI

Immagine tratta dal film WASABI

Immagine tratta dal film WASABI

Immagine tratta dal film WASABI

Immagine tratta dal film WASABI

Immagine tratta dal film WASABI
 

Hubert Fiorentini (Jean Reno) è un flic dalle maniere sbrigative. Non bada certo ai fronzoli quando ha a che fare con i malviventi (se non bastano le botte, ricorre a proiettili e bombe!) e, durante una zuffa in discoteca, mette per sbaglio k.o. nientedimeno che il figlio del Prefetto di Parigi. Inevitabili sono i due mesi di stop impostigli dal capo della Polizia, il quale lo invita a ritrovare equilibrio e serenità, suggerendogli di farsi una famiglia o, quantomeno, di rilassarsi con le donne.
Il nostro poliziotto smarrito prova così a indossare in via eccezionale qualche camicia di lusso, mettere su del profumo seducente, pensare di meno al golf (il suo sport e passatempo preferito) e di più all'altro sesso. Sembra quasi convinto che i cazzotti e la vita spericolata non facciano più per lui, e tenta di improvvisare una cena a lume di candela con la bella Carole Bouquet.
Ma Hubert non si fida più delle donne: una storia finita male ben 19 anni prima ha chiuso per sempre sottochiave il suo cuore.
Se non che, un'improvvisa telefonata dal Giappone gli annuncia la tragica scomparsa di Niko, la sua ex, e lui si reca nel paese del Sol Levante per partecipare alle esequie...

Fino a qui tutto sembra filare liscio nella pellicola diretta da Gérard Krawczyk: pimpante, sobria, simpatica, e con il personaggio di Reno decisamente accattivante. Ma quando l'azione si trasferisce in Giappone, si vede che lo zampino di Luc Besson (che qui scrive e produce) prende il sopravvento: dal momento dell'incontro di Fiorentini con la figlia Yumi lasciatagli in "eredità", il film scade (si mettono in scena capelli colorati e vestiti sfarzosi solo come pretesto di lusinga visiva, entrano in gioco personaggi strambi e tagliati con l'accetta, arredamenti con un design forzatamente high- tech, altre prevedibilità narrative e via americanizzando). La giovane Yumi si dimostra da subito fastidiosa per le sue continue effusioni e le sue insostenibili mossette di eccitata partecipazione.

Sono individuabili richiami a "Leon" e a "Il quinto elemento" ma nella peggiore asserzione del confronto, perciò Besson rimanda a Krawczyk il compito più ingrato: quello di far sembrare presentabile una pellicola che non lo è.

Jean Reno sfoggia per lo più un'espressione da beota spaesato (forse pensava che si sarebbe reso simpatico?), palesemente imbarazzato dal soggetto al quale cerca di adattarsi e la regia scorre via improvvisata, perdendo così di vista i buoni propositi della sceneggiatura iniziale.

In Giappone, Hubert fa coppia con Michel Muller (visto in "Train de vie" e di solito interprete televisivo), il quale interpreta una specie di agente segreto un po' distratto dai ritmi della cosmopolita Tokyo. Le scene condivise con Muller ci offrono una gradevole variante di coppia comica e sorge il sospetto che, se il film fosse stato incentrato esclusivamente su di loro, ne avremmo guadagnato in sobrietà.
Un altro pregio del film è da riconoscere sicuramente nella durata: fosse stato allungato anche solo di 10 minuti avremmo corso il rischio dell'abbiocco istantaneo. La sceneggiatura, infatti, cominciava a farsi statica e laconica.

Non è così che si riesce a rendersi autonomi dagli action movie hollywoodiani se, a costo di raggiungere i più grandi mercati mondiali, non si è in grado di realizzare pellicole inedite; e ciò non può essere che motivo di vergogna per l'industria cinematografica francese (o quantomeno per quella bessoniana).
Invece di essere piccante come il wasabi del titolo, il film risulta un condimento pastoso color verdognolo, insipido come il sapore di un campo sintetico da golf e non possiamo che uscire profondamente delusi da tanta banalità e approssimazione.

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Recensione a cura di pompiere - aggiornata al 11/06/2009

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