La relazione distorta dello scrittore e interprete Richard Gadd con la sua stalker e l'impatto che ha su di lui, che alla fine è costretto ad affrontare un profondo e oscuro trauma sepolto.
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Mini-Serie Netflix di cui si è parlato, giustamente, per settimane. Può sembrare un thriller di fine anni 80 inizio 90, con la stalker che tormenta un bravo padre di famiglia, ma se in Attrazione fatale o in Misery (per citare i casi meglio riusciti) l'attenzione (e la fascinazione) era tutta per l'antagonista carismatica, Baby Reindeer fa un lavoro aggiornato, più interessante: qui il focus (e la fascinazione) è quasi interamente sulla vittima, sulla sua introspezione psicologica. Un uomo fallibile, tormentato, che cade di continuo in errore (errori anche sciocchi se visti in maniera oggettiva). È questa introspezione della vittima degli abusi (attuali o passati, sepolti), senza mai cadere in giudizi o pietismi, senza mai fare victim shaming, a rendere questa serie così interessante, in una contemporaneità in cui sentiamo fin troppo spesso le frasi "Se l'è andata a cercare" o peggio ancora "Perché non ha denunciato prima?".