possession regia di Andrzej Zulawski Francia, Germania 1981
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possession (1981)

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locandina del film POSSESSION

Titolo Originale: POSSESSION

RegiaAndrzej Zulawski

InterpretiIsabelle Adjani, Sam Neill, Heinz Bennent, Margit Carstensen, Michael Hogben, Shaun Lawton

Durata: h 2.07
NazionalitàFrancia, Germania 1981
Generehorror
Al cinema nel Giugno 1981

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Trama del film Possession

Una donna rivela al marito di avere un amante e il loro matrimonio entra in crisi. Il marito però non si consola, e facendola seguire scopre che ha anche un misterioso secondo amante...

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Voto Visitatori:   8,19 / 10 (81 voti)8,19Grafico
Voto Recensore:   9,00 / 10  9,00
Miglior attrice protagonista (Isabelle Adjani)
VINCITORE DI 1 PREMIO CÉSAR:
Miglior attrice protagonista (Isabelle Adjani)
Miglior attrice (Isabelle Adjani)
VINCITORE DI 1 PREMIO AL FESTIVAL DI CANNES:
Miglior attrice (Isabelle Adjani)
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Voti e commenti su Possession, 81 opinioni inserite

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Commenti negativiStai visualizzando solo i commenti negativi

Niko.g  @  25/09/2019 23:06:17
   5 / 10
È un dramma psicologico, un dramma esistenziale, ma è anche un dramma capirne il senso, visto che non c'è.
Eppure i drammi psicologici ed esistenziali sono ancorati al mondo del reale (dell'esistente per intenderci), non a quello della fantasia e dei sogni. Quest'opera, invece, dopo un inizio "normale", appare sempre più slegata dal vissuto e dal quotidiano, al punto da sembrare una conseguenza dell'uso sconsiderato di allucinogeni.
Tirare in ballo presunti simbolismi o avventate metafore, non so quanto possa ridimensionare le continue perplessità alle quali il film sottopone lo spettatore. Perplessità che nascono dai ripetuti depistaggi e "sabotaggi narrativi" di Zulawski, che del montaggio non sembra avere molta cognizione di causa: personaggi che entrano in scena senza motivo, mezzi primi piani raccordati malissimo, tagli orrendi.
In questo contesto perfino l'egregio lavoro di Carlo Rambaldi (duole dirlo) appare un inutile spreco. Ad esempio, i personaggi del film si muovono all'interno della città di Berlino, ma se le strade sono sempre deserte, cosa ce ne facciamo di questa informazione? Allora perché Berlino e non Barletta? E se la città è una città fantasma, perché ad un tratto compare la polizia? Insensatezze appunto.
A vostro rischio e pericolo.

3 risposte al commento
Ultima risposta 20/03/2022 18.11.34
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libero1975  @  04/05/2017 20:32:40
   4 / 10
Noioso...mio parere personale

3 risposte al commento
Ultima risposta 13/04/2020 23.49.50
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antoeboli  @  07/09/2014 13:37:52
   5 / 10
Questo è quel genere di film manco tanto horror , che o lo ami o lo odi . l'ho visto aspettandomi chissà cosa ma solo alcuni momenti mi sono piaciuti , per il resto l'ho trovato lento e dalla durata troppo eccessiva .
Ha diverse idee in se , che saranno sfruttate da altri registi ,come Clive Barker , ma non vi voglio anticipare nulla .
La parte migliore sono la recitazione della Adjani , assolutamente eccezionale e gli effettoni di Rambaldi che non sono mai stonati , anche in questo contesto pseudo mistico e horror .
Non è di sicuro un film per tutti , non per le scene che possono shockare lo spettatore , ma proprio per quello che cerca di dare e trasmettere che non è di certo facile da comprendere.

Invia una mail all'autore del commento AcidZack  @  14/10/2012 22:25:23
   5 / 10
Non mi è piaciuto. Troppa ansia per nulla

Jack_Burton  @  08/10/2012 18:54:50
   1 / 10
Agonzzante e senza senso, 3 parole per descrivere questo film.
E' stata una SFIDA epica per arrivare fino alla fine ma ho vinto io.
Adesso mi posso vendicare...voto 1

Gruppo COLLABORATORI JUNIOR Angel Heart  @  07/06/2012 17:25:05
   5 / 10
Opera controversa, scioccante e decisamente spiazzante, difficile da catalogare in un genere ben preciso, scritta dal regista polacco Zulawski nel bel mezzo del suo turbolento divorzio dalla moglie (e si vede).
Per definirlo si potrebbero usare svariati aggettivi: morboso, malato, squallido, perverso, misogino, rivoltante; ma sono tutti termini che non stuzzicano per niente (al contrario di un Cronenberg primi tempi o un futuro "Velluto Blu" di Lynch) se la sostanza di base è inconsistente, confusa ed autocompiaciuta come nel caso di "Possession", film delirante che fa perno su una sequela di immagini effettistiche e disgustose messe lì senza una ragione ben precisa se non quella di inorridire il più possibile lo spettatore (tormentato da mille dubbi già dopo dieci minuti di visione).

Il film parte comunque bene: assistiamo ad un ritratto autentico di paranoia e follia derivante dal tradimento della moglie (Adjani, pessima) ai danni del marito (Neill, eccellente) che l'ha sempre data per scontata. Qui il lavoro, sebbene già confuso, è decisamente riuscito: incapacità di accettare la situazione, autolesionismo, costernazione, e discussioni tipiche del caso; lo spettatore rimane sbalordito (e spiazzato) dalla veridicità degli eventi e delle reazioni dei protagonisti. Questa la parte "drammatica", e diciamo, più riuscita del film.
Poi entra in scena la parte horror, e qui, assurdità, splatter, incoerenza, religione e sovrannaturale prendono il sopravvento su tutto il resto: lo spettatore viene tartassato da una miriade di sequenze incomprensibili, da dialoghi senza capo nè coda, e, come già detto, da immagini rivoltanti che sicuramente colpiscono per la loro brutalità ed efferatezza (come la già citata scena della metropolitana) ma che stringi stringi non dicono e non lasciano proprio nulla se non un gran senso di disgusto. Ad "addolcir" ancor più la pillola, un ritmo davvero piatto e una tremenda Isabelle Adjani che strilla, urla e si contorce come un'ossessa per tutta la durata (roba che anche Linda Blair, a confronto, è una dilettante) in una maniera che irritante è davvero dir poco (tanti ovviamente hanno scambiato questa forma di epilessia per inimitabile bravura).
Una gran confusione che non può far altro che portare lo spettatore alla noia e al disinteresse più totale; ma, vuoi per masochismo o per pura curiosità, quest'ultimo non potrà fare a meno di vedere (a gran fatica) dove sto delirio vuole andar a parare.
Da salvare rimangono solo l'ottima interpretazione di Neill (futuro John Trent del capolavoro "Il Seme della Follia" di Carpenter), la fotografia della Berlino grigia e spettrale pre-caduta del muro, le musiche, e infine, gli effetti speciali a cura di Carlo Rambaldi ("Alien", "E.T.", "Profondo Rosso").
Sul resto mi sono già espresso quanto basta.

Conclusione: un film che marcia sopra le immagini disgustose e il suo voler essere enigmatico, ma che in realtà annoia a morte e basta. Peggio ancora, non ci si capisce un dannato cazzò.

Sopravvalutato oltre ogni limite.

Gruppo COLLABORATORI ULTRAVIOLENCE78  @  08/04/2009 18:33:48
   5 / 10
Encomiabile l’idea sottesa al film: la reificazione delle angoscie, degli incubi e dei mostri interiori, nonchè delle ossessioni psicologiche rivenienti dalla relazione col partner, che sfociano in una crisi irreversibile enucleata dalla messa-in-scena del doppio (parte sana e malata del soggetto). Idea però dilapidata malamente, perchè messa al servizio di una risibile effettistica, di iperboli narrative e qualche didascalismo (i visi dei protagonisti vengono inquadrati così tante volte da risultare quasi irritanti), i quali finiscono per menomare sensibilmente la fascinazione che poteva scaturire dall’ermetismo e dalla vena malsana e patologica della storia.
Il potenziale insito in “Possession”, cioè la rappresentazione del rapporto di coppia che degenera in una funesta e (auto)distruttiva follia (come esplicita la bella –questa sì- sequenza finale) si smarrisce tra isterismi compulsivi (Isabelle Adjani strilla come un’ossessa per almeno metà del film), pupazzoni tentacolari (direttamente dalla mano portentosa di Carlo Rambaldi: il creatore di “Alien” e di “E.T.” per chi non lo sapesse) e una sequela di evitabilissime forzature (“ex multis”: l’osannata scena del tunnel della metropolitana, con annessi richiami all’iconografia cristiana). Anche le musiche e le cantilene rivelano un didascalismo di fondo, che rischia di demandare le emozioni più ad altri espedienti che non alle immagini in sé.
Si salvano l’ottima interpretazione di Sam Neill, l’atmosfera decadente della Berlino dei tempi del muro (che rimanda altresì alla metafora sulla incomunicabilità di coppia), la trovata registica del fotogramma del cristo in croce come segno della inconciliabilità tra fede e male (teodicea), e tutta la succitata sequenza finale, che si conchiude col gioco di chiaro-scuri (altro richiamo ad una ambiguità persistente) sul bel viso della protagonista, incarnata da quella che sembra essere la parte (buona) sopravvissuta alla crisi coniugale (conclusione conciliante? O tragedia ineffabile culminante con il suicidio del terzo?).
In defintiva, il lavoro di Andrej Zulawski mi ha deluso perché ostentatamente urlato, ridondante e piegato ad un facile effettismo. Nell’alveo degli horror-psicologici, pellicole come “Eraserhead” e “Rosemary’s baby”, per fare due esempi, sono a mio avviso di un altro pianeta…

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