la cura del gorilla regia di Carlo A. Sigon Italia 2005
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la cura del gorilla (2005)

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locandina del film LA CURA DEL GORILLA

Titolo Originale: LA CURA DEL GORILLA

RegiaCarlo A. Sigon

InterpretiClaudio Bisio, Ernest Borgnine, Stefania Rocca, Guido Ruberto, Fabio Camilli, Gigio Alberti

Durata: -
NazionalitàItalia 2005
Generecommedia
Tratto dal libro "La cura del gorilla" di Sandrone Danzieri
Al cinema nel Febbraio 2006

•  Altri film di Carlo A. Sigon

•  Link al sito di LA CURA DEL GORILLA

Trama del film La cura del gorilla

Sandrone, detto il Gorilla, soffre sin da bambino di una particolare forma di sdoppiamento della personalità. Nel suo corpo vivono infatti due persone: la prima, Sandrone, è bonaria, cialtrona e ironica, tanto quanto la seconda, il Socio, è razionale, fredda, violenta. Per la paura di finire in manicomio, Sandrone ha perciò deciso di passare la sua vita nell’ombra, guadagnandosi il pane come investigatore senza licenza. La sua malattia, infatti, lo ha reso incapace di dormire, e l’insonnia perenne è perfetta per lavori di sorveglianza e pedinamento. Dopo l’ennesimo ricovero ospedaliero, pugnalato da un serial killer, Sandrone decide di accettare un lavoro più tranquillo: fare da accompagnatore a un vecchio attore americano dimenticato da tutti, in Italia per fare da guest star a una convention. Ma mentre esegue di malavoglia il suo compito, Sandrone si trova a dover aiutare una ragazza cui hanno ucciso il fidanzato...

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Voti e commenti su La cura del gorilla, 35 opinioni inserite

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  Pagina di 1  

Lorenzinho  @  06/02/2006 13:59:32
   4 / 10
delusione e complesso

4 risposte al commento
Ultima risposta 17/02/2006 14.18.52
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L_INKre@dibile  @  05/02/2006 03:52:54
   5 / 10
A intermittenza... Non tutto è da buttare. Ci sono parti piatte, ma anche spunti abbastanza pregevoli. Si intuisce troppo presto il finale. La mossa più azzeccata dal regista è stata quella di affidare poche battute a Klady ;-)

2 risposte al commento
Ultima risposta 20/02/2006 16.39.23
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RudyGonzo  @  04/02/2006 23:27:01
   6½ / 10
Dopo decenni in cui il cinema di genere in Italia ha colpevolmente latitato, in favore di “generi” meno riconosciuti come tali, ma altrettanto codificati (il “genere” Film d’Autore, di introspezione socio-cultural-politica fatto maluccio, il “genere” commedia burina di Natale, il “genere” riciclo di comici tivù, etc.), questo suo timido tentativo di ritorno sulle scene di inizio millennio non può che essere accolto positivamente.
E in questo la banda Colorado (Salvatores, per intenderci) sembra avere le idee abbastanza chiare, già espresse – un po’ a stento per la verità – con “Quo vadis, baby?”, poi con la pubblicazione di una serie di romanzi – passibili di trasposizione, e comunque veicolo di traino per un eventuale film - per arrivare ora a “La cura del Gorilla”. Film che, almeno sulla carta, sembrava avere tutte le caratteristiche per sfondare, finamente, ma che invece resta un po’ fermo al palo dell’operazione forse troppo costruita a tavolino.
La partenza è un romanzo di successo di Sandrone Dazieri, qui anche co-sceneggiatore, che, almeno nella sua versione cinematografica, sembra mostrare quale sia il suo lato più debole: l’eccessiva sudditanza con gli stereotipi e i luoghi delle detective-story americane, con tanto di voce fuori campo d’ordinanza. E, purtroppo, al contrario di quello che succedeva con gli spaghetti western o coi poliziotteschi, la partenza collocata in un immaginario d’importazione non sembra lasciare spiccare il volo ad una storia “nostra”. E’ vero che l’ambientazione è italiana, ma quello che poteva essere un terzo protagonista, rimane in realtà sullo sfondo. Se non ci venisse detto che siamo a Cremona, e non venisse inquadrata la facciata del Duomo, potremmo essere a Detroit o nei bassifondi di San Francisco, con squallidi appartamenti, localacci di lap-dance, edifici industriali abbandonati, pompe di benzina in notturna e quant’altro. Non c’è nulla di italiano nell’essenza del film, e non ci porta dalle nostre parti nemmeno il richiamo agli sbarchi di albanesi o all’immigrazione clandestina, anche perché il succo è poi uno squallido giro di prostituzione, valore tristemente universale. Né serve la leggera deriva alla Salvatores d’epoca, che vuole tre dei protagonisti legati da un comune passato di militanza studentesca e oggi divisi dalla vita (un guardaspalle, un hacker, un commissario), riuniti a rivangare i bei tempi passandosi una canna.
Intendiamoci: il film ha molte cose positive. Il personaggio di Bisio/Gorilla è un’interessante variazione sul tema dell’antieroe pulp, con la gustosa variante dottor Jekill/mister Hide dovuta ad una seria forma di schizofrenia con relativo sdoppiamento di personalità, che Biso affronta abbastanza bene, anche se con la sensazione che avrebbe potuto lasciarsi andare un po’ di più; il personaggio di Ernest Borgnine, che, d’altronde, con quella faccia può fare quello che vuole (e devo dire che quando è in scena lui, c’è solo lui); il personaggio di Catania, Giò Pesce, specie di caricatura di Joe Pesci che fa la caricatura dell’italoamericano. Poi, il solidissimo impianto visivo dovuto alla regia di Sigon (“esordiente” di quarant’anni, ma in realtà pubblicitario di razza) e alla fotografia di Masiero.
Occasione sprecata invece per le musiche, che sono belle, ma vittime dell’eccesso di citazioni e richiami (dal Morricone dei western alle atmosfere tarantiniane), che le rende alla fine esasperanti.
E altrettanto dicasi per lo sviluppo della trama, che è di quelle dove l’indagine cresce fino ad un certo punto, e poi c’è qualcuno che ti spiega a voce il resto.
Concludendo, cento minuti di intrattenimento abbastanza spensierato, a cui, purtroppo, non chiedere molto di più.

3 risposte al commento
Ultima risposta 06/02/2006 01.31.07
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