Recensione la morte corre sul fiume regia di Charles Laughton USA 1955
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Recensione la morte corre sul fiume (1955)

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locandina del film LA MORTE CORRE SUL FIUME

Immagine tratta dal film LA MORTE CORRE SUL FIUME

Immagine tratta dal film LA MORTE CORRE SUL FIUME

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Immagine tratta dal film LA MORTE CORRE SUL FIUME

Immagine tratta dal film LA MORTE CORRE SUL FIUME
 

Charles Laughton non è stato solo un bravissimo attore teatrale e cinematografico, famoso per le sue intense e partecipate interpretazioni in ruoli controversi o da "cattivo"; nella sua carriera si è cimentato pure come regista, anche se in un unico film.
Il film in questione è "La morte corre sul fiume" ("The night of the hunter), una drammatica denuncia di come il materialismo ipocrita stesse avvelenando la società americana, arrivando persino a insidiare le creature più deboli e innocenti come i bambini.

Il personaggio principale è Harry Powell, un conturbante e perbenista pastore protestante (interpretato magnificamente da Robert Mitchum). Nonostante l'apparenza di persona retta e di sani principi, è in realtà un avventuriero senza scrupoli che non esita a uccidere pur di arrivare al denaro.
In carcere viene a sapere per caso da un condannato a morte dell'esistenza di 10.000 dollari, il cui nascondiglio è conosciuto solo dai suoi due bambini, John e Pearl.
Powell farà di tutto pur di arrivare ai bambini e al denaro: inganna la gente del villaggio, circuisce spietatamente la madre dei bambini e, infine, in un crescendo emotivo fatto di torture psicologiche nei confronti di John e Pearl e di una caccia spietata che dura giorni, arriva quasi a carpire il denaro.
Le convenzioni dell'epoca non potevano però permettere il prevalere del male sul bene. Grazie al caso, quindi, i bambini si salvano e nel lieto fine riescono pure a ritrovare un briciolo di speranza e serenità, mentre Powell avrà quello che si merita (la pena di morte).

Alla sua uscita nel 1955 il film fu accolto molto freddamente, troncando così sul nascere la carriera registica di Laughton. Il pubblico dell'epoca non era ancora pronto ad accettare un film in cui il personaggio principale fosse un viscido assassino senza scrupoli verso i più deboli.
Col tempo però il film è stato ampiamente rivalutato e molti oggi lo considerano la maggiore opera cinematografica drammatica americana degli anni '50, se non altro quella stilisticamente più originale.
Infatti non segue le regole di un genere specifico: per lo più è un thriller con momenti che ricreano l'atmosfera dei film horror ma ci riserva anche scene molto liriche, fiabesche e altre quasi da satira di costume.

La sua genesi è il frutto di tre amori: l'amore per l'infanzia, l'amore per la verità e l'amore per l'arte.
La purezza e l'innocenza dell'infanzia macchiata dal mondo corrotto degli adulti è il tema del romanzo "The night of The hunter" di Davis Grubb, da cui è stato tratto il film.
L'autore della sceneggiatura è invece James Agee, famoso per essere stato l'unico critico cinematografico a salutare "Monsieur Verdoux" di Chaplin come un capolavoro. Amante della verità e nemico delle ipocrisie e delle apparenze, a lui si devono le parti del film in cui si sente forte la denuncia etica e sociale.

Il merito maggiore va però a Laughton, all'amante dell'arte, quello che è riuscito a trasformare dei semplici fogli stampati in visioni intensamente drammatiche e suggestive.
Il film è infatti un susseguirsi veloce di brevi scene esemplari, molto sintetiche e concentrate in cui ogni elemento è curato in maniera maniacale per trasmettere il messaggio. Letteralmente trabocca di scene intense e suggestive che rimangono impresse per la loro bellezza e pienezza artistica.
Per esempio nella prima scena Laughton utilizza una panoramica dall'alto su alcuni bambini che giocano, per poi zoomare sul loro sconcerto nel trovare il cadavere di una donna, mentre la musica sottolinea la drammaticità della scoperta.
In pochi istanti filmati si è già presentato il tema del film: l'innocenza infantile insidiata dal mondo degli adulti.
Subito dopo un'altra panoramica inquadra Powell e viene spontaneo associarlo all'assassino. Il suo soliloquio con Dio ce lo conferma:

"Chi sarà la prossima, Signore? Un'altra vedova? Non ti importa che io uccida, Signore. La Bibbia è piena di uccisioni."

Mitchum poi interpreta Powell in maniera molto convincente: serio, convinto ed esaltato allo stesso tempo, come se lui stesso si sentisse Dio.
Il personaggio di Powell sintetizza molto bene la caratteristica tipicamente americana di considerare la religione non qualcosa di interiore e spirituale, ma qualcosa di materiale, concreto e visibile.
Il fascino con cui conquista la gente è il prodotto della semplificazione dei concetti e della teatralità con cui li dimostra. Pure dei sentimenti così personali e complessi come l'amore (LOVE) e l'odio (HATE) vengono materializzati con lettere tatuate sulle dita, un efficace spettacolo per abbagliare e nascondere l'inganno.

Sempre nei primi minuti del film si fa capire che l'aggressività e la violenza nei comportamenti sociali nascono forse dal perbenismo e dalla sessuofobia puritana, parti fondamentali delle radici culturali americane.
Anche qui una brevissima scena sintetizza splendidamente il concetto. Powell assiste sempre più contrariato allo spettacolo di una spogliarellista e all'improvviso gli scatta il coltello a serramanico, bucandogli la tasca. La similitudine con una erezione è evidente, ma in questo caso invece di produrre piacere e soddisfazione causa dolore e morte.

Laughton fa di Powell quasi una magnificente e ammaliante rappresentazione del male. Ombre minacciose e gigantesche, forti contrasti di luce e buio contrappuntano ogni scena in cui Powell è presente. Nei momenti più drammatici addirittura i muri nudi delle stanze e i soffitti si stringono a creare uno stato di oppressione e imminenza del crimine.
A volte sembra di assistere ad un film espressionista per il modo in cui vengono forzate le coordinate luministiche e spaziali delle scene e per l'accentuazione visuale dei sentimenti espressi.

L'unico personaggio che riesce a tenere testa a Powell è John, un bambino che vorrebbe occuparsi solo di giochi e storie fantastiche e che invece è costretto ad assistere al violento arresto del padre e a custodire suo malgrado un oggetto (i soldi) di cui fatica a capire l'importanza.
Ciò che conta per lui è comunque la fermezza interiore, il giuramento fatto verso il padre e a questo rimarrà sempre fedele anche se si ritrova solo contro tutti.
Il culmine drammatico del film si ha quando Powell si trova senza ostacoli a tu per tu con i bambini. Appoggiato ad un albero guarda la casa e chiama: "bam-bi-niii, bam-bi-niii".
Una scena di grande tensione che ha tutto il sapore di un film horror. Alla fine della scena, vedendosi sconfitto, Powell lancia un urlo animalesco raggelante.

Erano scene decisamente forti per i gusti dell'epoca e per compensazione da questo punto in poi il film cambia decisamente registro.
La fuga dei bimbi sul fiume, sotto gli occhi partecipi della natura e con il sottofondo di tristi canzoni, è una pausa profondamente delicata e poetica, quasi allegorica. Anche se girate in studio, le immagini fluviali notturne sono di un fascino e di una magia indimenticabile.

Tutta l'ultima parte del film fa da contraltare alla critica dura e feroce che era stata fatta fino ad allora della vita spirituale americana e vuole dimostrare che esiste anche qualcosa di positivo.
A tale scopo si introduce il personaggio della signora Cooper, un'anziana signora sola che ha deciso di tenere con sé ed educare alcuni bambini orfani. Ad interpretare in maniera splendida la parte è Lillian Gish, l'attrice preferita del grande Griffith.
La signora Cooper infatti è una persona molto religiosa, però è semplice, dolce e tollerante, anche se all'occorrenza sa essere ferma e autoritaria. Riesce anche a riconoscere chi è sincero da chi è falso e ipocrita.
Inoltre per controbilanciare la condanna della sessuofobia, s'introduce il personaggio di Ruby, una ragazza adottata dalla signora Cooper, la quale si fa tentare da facili avventure sessuali.
Si vuole così mettere in guardia da un uso poco attento del sesso e tra l'altro Laughton coglie l'occasione per esprimere la sua proverbiale misoginia: "Quanto sono sciocche le donne", detto non da un uomo ma dalla signora Cooper.

Quest'ultima parte, anche se molto bella, appare a volte un po' forzata. Ne fa le spese il personaggio di Powell che da figura monumentale e diabolica diventa improvvisamente comico e meschino.
Si nota molto il volontario "accomodamento" della storia. Del resto negli anni '50 gli Stati Uniti erano una democrazia controllata; ci si poteva permettere di criticare i valori portanti della nazione ma mai concludere con situazioni in cui erano negati o addirittura rovesciati.

Alla fine resta però un'impressione ben precisa che ci viene regalata dal personaggio di John, il bambino che al momento della cattura di Powell prova comunque dolore e rabbia, che gli sbatte addosso i soldi urlandogli "prendi, sono tuoi, io non so cosa farci", che si rifiuta di partecipare alla vendetta collettiva.
Attraverso John riusciamo a capire le origini e le ragioni dei giovani che nel '68 sogneranno un mondo pacifico, dove trionfi l'amore, la libertà e non il gretto materialismo.

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Recensione a cura di amterme63 - aggiornata al 15/12/2009

Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell'autore e non necessariamente rappresenta Filmscoop.it

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