il maestro di vigevano (1963)

La tragicommedia della vita raccontata come meglio non si potrebbe: per quanto mi riguarda è uno dei lavori più riusciti di Petri, perfettamente in equilibrio tra il dramma famigliare fatto di stenti di un uomo troppo orgoglioso per reinventarsi nel lavoro e le situazioni grottesche che vengono a crearsi a seguito della stupidità delle proprie azioni. Ne esce uno spaccato sociale molto puntuale di un'Italia pre-boom che l'ambiente di provincia - dove tutti si conoscono e dove le notizie viaggiano veloci - acuisce ed esalta. Sordi in una delle prove della vita ma onestamente tutti gli attori sono in parte.

Uno dei più alti esempi di cinema tragicomico italiano. In realtà sarebbe solo drammatico ma la presenza di un Sordi qui in uno dei picchi maggiori della sua carriera, conferisce al tutto quel tono ironico che rende questa pellicola unica nel suo genere. Un uomo che avrebbe la fortuna di svolgere il mestiere che più gli piace e che sarebbe contento così (fortuna che non è capitata invece al suo collega Nanini a cui è molto legato), disposto anche a farsi passare sopra da un preside retrogrado e surreale che tratta tutti come scolari. Ma c'è la famiglia...e c'è l'Italia del boom economico dove tutti vogliono il lusso e le macchine americane, soprattutto al nord dove gli imprenditori e le fabbriche spuntano come funghi. C'è una moglie da accontentare. Il povero maestro si ritrova così tra l'incudine ed il martello costretto ad affrontare situazioni che non sono nelle sue corde e la vita che, nonostante tutto, si ripete in quello che sembra un ciclo infinito. Elio Petri era uno di quelli che non sbagliavano un film neanche se lo volevano.

La moglie non è proprio ambiziosa secondo me.
La moglie è stufa di negarsi piaceri materiali che altre donne hanno.
La moglie, presa decisione di fare operaia, si rende conto presto della fatica richiesta dalla fabbrica per guadagnare di più e sceglie quindi la via più antica.
Il marito maestro cerca di mantenere sempre una dignità. Non è solo la moglie che lo tartassa.
Belle tutte le scene di lui in classe coi ragazzini
Tutti maschi, in grembiule nero e scuola inizia 5 ottobre.

Un paio di scene comiche e il resto è un film drammatico, amaro, dove si mostra la rassegnazione e anche però come il maestro che rispetta la professione e si accontenta dello stipendio misero.

Alberto Sordi in piena forma in questo ruolo dolce/amaro illumina il film magnificamente. Una pellicola sempre attuale e interessante.

Commedia drammatica diretta egregiamente da Elio Petri con mattatore un Alberto Sordi sempre grandioso, impegnato questa volta ad interpretare il ruolo di un maestro delle elementari squattrinato e succube di una moglie scontenta e affamata di denaro e successo.
Il film si discosta notevolmente dalla realtà attuale; stiamo parlando di un Italia dove il fare l'operaio in una fabbrica era pari ad un'umiliazione, e dove un minimo di istruzione poteva essere sufficente per fare la differenza, o se non altro a discostarsi dall'ignoranza popolana.
Tuttavia la pellicola gioca molto sul contrasto "orgoglio-bisogno", e la figura della moglie stufa di vivere nella miseria(sopratutto con un figlio a carico) entra in contrapposizione con la dignità del marito nel voler far valere la sua istruzione; la moglie di un maestro può abbassarsi a fare l'operaia? Secondo il maestro no....secondo la moglie è un modo come un altro per riuscire a guadagnarsi da vivere....
Ogni lavoro ha il diritto di essere rispettato, ma allo stesso tempo sembra che il film voglia sottolineare quanto sia importante l'identità del singolo individuo; perciò è anche vero che ogni persona non può far finta di essere quello che non è.....
In un certo qual modo si assiste ad uno spaccato profondo della classica famiglia povera degli anni 60; a solo poco più di un decennio dalla fine della guerra, quando ancora la povertà era una belva feroce che non risparmiava nessuno; schiacciando la dignità di molte persone costrette a dover trovare dei compromessi per poter vivere dignitosamente.
Un film che mi ha colpito molto e che in un certo senso si conclude facendo un semplice e significativo giro di boa.....
....tra i tanti di Albertone da recuperare....

Sordi fatica a trattenere il suo istrionismo, Petri non tenta neanche di imbrigliarlo, fatto sta che il film regala involontariamente dei toni da commedia amara, la solitudine dei suoi soggetti, alienati, corpi in appendice alla società coeva, viene smussata dalla verve del romano, e il direttore (Vito De Taranto) ci regala dei siparietti comici con Sordi, tutto inusuale in Petri.
Nell'anno de 'Gli Invasati' splendido gioiello di Wise, Petri recupera un'ottima Claire Bloom, dalle interessanti sfaccettature, una prima parte bramosa (e lamentosa col marito) di arrivare, assurgere alla dolce vita, moto che travolgerà sia il marito che con la liquidazione da maestro aprirà un'attività che il figlio che di nascosto al padre andrà a consegnare pacchi.
Dopo il patatrac causato inavvertitamente dal marito, Ada cambia, diventa evasiva, presenza invisibile nella vuota e monotona vita del maestro.
Il finale non può che raccogliere i toni misuratamente tragici del suo cinema.

Meravigliosa e sofferta intepretazione di un Sordi grandissimo, nei panni di uno sfortunato, incompreso e nemmeno troppo amato (nemmeno dalla moglie) maestro elementare che decide di lasciare l'insegnamento per la voglia di ricchezza della moglie e apre un calzaturificio arrichendosi. Ma la sua ingenuità lo farà di nuovo ricadere in basso e per uno strano scherzo del destino rimarrà solo. Come spesso è accaduto nella lunga carriera di Alberto, sono queste le prove attoriali che lo hanno reso immortale e unico, oltre che le semplici e più conosciute commedie.

Come una ruota che fa dei giri strani per poi tornare al punto di partenza si snoda la vita del maestro Mombelli, interpretato da un bravissimo Alberto Sordi, in perenne conflitto con sè stesso, nella convinzione di mantenere una certa dignità e decoro, e la moglie sempre insistente alla ricerca del guadagno e della vita agiata.
Una commedia amara questa di Petri che descrive, non senza un pizzico di retorica, frustrazione e malinconica accettazione degli eventi, tentando un approccio calibrato tra sprazzi di commedia e dramma, riuscendo a rimanere sempre in equilibrio senza andare oltre le righe.
Un buon film che vale la pena vedere.

Gran bel film più drammatico che comico.Sordi e Petri si detestarono sul set ma il lavoro è buono!
Il protagonista doveva essere Tognazzi.
De Laurentiis ,che doveva produrre i Mostri, rifiutò il film ritenendolo troppo a sinistra.Quindi con Cecchi Gori si scambiarono i film e il buon Dino produsse appunto il Maestro di Vigevano con Sordi mentre Tognazzi con Gassman fece i Mostri.Stessa sorte toccò ai registi con Petri e Risi che si scambiarono i films

altro che commedia, a me è parso di essere di fronti a uno dei film più amari che si possano vedere, soprattutto considerando anche il marcato realismo della pellicola. Anche se un paio di scene sono divertenti. Ottimo film, a tratti un po' pesante...

un sordi in un ruolo che non ha calzato spesso,qui nei panni di un professore elementare il cui zelo nel lavoro ha portato solo guai..altro film che testimonia la grande capacità di sordi nei vari generi,oltre che la bravura di petri(ottimo il modo in cui è stata girata la scena iniziale,molto originale..)

Una delle migliori interpretazioni di Sordi, nella parte di un povero maestro elementare frustrato e calpestato sia in famiglia che sul lavoro. Un film molto amaro, una fotografia di una condizione sociale ancora attuale (con la scuola che ci ritroviamo, sempre più attuale); finale malinconico e senza luce: in fondo si finisce per essere sempre ciò che si è.

Personalmente non lo definirei proprio una commedia e la presenza di Alberto Sordi può risultare fuorviante. L'obiettivo non è far ridere e quelle poche volte che succede, la risata è veramente amara. Rispetto ad altri personaggi interpretati in quel periodo da Sordi, questo povero maestro è molto più sfaccettato: si lascia irretire dalle sirene di una facile ricchezza, sacrifica il proprio lavoro di maestro, seppur per nulla gratificante, per ristabilire una certa armonia familiare con la moglie che lo pungola continuamente senza ritegno. Petri è bravo ad evidenziare particolari come nel sottolineare quel senso di dignità un po' distorto di Monbelli, un misto di classismo e disprezzo verso gli operai quando lui stesso non è che se la passi meglio all'interno del proprio ambiente di lavoro, riducendolo spesso ad una marionezza quasi fantozziana. Qualche caduta come la sequenza onirica sinceramente un po' fuori luogo. Un film comunque da vedere proprio per questa sua atipicità, distante dalla classica commedia all'italiana.