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FFC è stato fra gl'autori più consapevoli che la New Hollywood non potesse limitarsi a proteste, denunce o critiche e che dovesse pure provare a suggerire uno straccio di proposta: d'"Apocalypse Now" a "Paradise Now". Poi però, quand'ha realizzato la trasposizione cinematografica d'uno dei peggiori testi d'Eliade ("Un'altra giovinezza", 2007), il fallimento fu inevitabile. Non era difficile trovare nella filosofia delle religioni qualcosa di meno indecente, da Origene al pensiero della Scolastica. Invece adesso Francis ha diretto un "Hunger Games" postmoderno (Gance, Greenaway, Gilliam, Lange) e retrofuturista più allucinante che visionario, in cui il "Giardino dell'Eden di Cesare", val'a dire un'utopia religiosa, viene declassato all'utopie sociali del XVI e XVII secolo (Moro, Campanella, Bacone) in mano a ingegneri come "Tucker" ('88), architetti e urbanisti. E la sua idea di fermare il tempo, che proviene da lontano ("Rumble Fish", '83), non ha alcun senso quand'è un'infinita dilatazione del presente oppure coesiste col divenire, la crescita e il futuro di Sunny Hope (sic). Non è un fiaba, è una farneticazione.