la donna del bandito (1949)

La donna del bandito è un esordio con i fiocchi per un regista che ha certamente lasciato una traccia nel mondo del cinema. C'è il noir, l'heist mnovie (anche se l'azione delle rapine rimane fuori campo), il poliziesco ed il romanticismo di una storia d'amore fra due individui che a loro modo vogliono emanciparsi dalla generazione che li precede e di non accettare l'accanirsi di un destino che non vuole chiudere i conti con essi, se non in maniera tragica come lo struggente finale. Un film bellissimo, sia dal punto di vista visivo, sia a quello recitativo e di ritno nella narrazione. Un gioiello.

Esordio folgorante per Ray con un film destinato fin da subito a fare scuola (e storia): un amore impossibile e tragico che sarà saccheggiato da decine di titoli e autori del futuro ("Gangster Story" e "Assassini nati" sono solo i due più conosciuti). In questo noir romantico non c'è solo l'ossessione statunitense per il guadagno (poco importa se illecito o facile, come quello del vecchietto che sposa per 20 dollari), non c'è solo il trapasso dal western all'urbanesimo (le rapine nelle città del Texas di cemento e non più "di legno"), non c'è solo l'impossibilità di districarsi dal crimine (altro elemento classico poi ripreso da decine di gangster movie) ma c'è anche e soprattutto un amore tragico, di frontiera, vissuto intensamente e che quindi non può che sfuggire via in questa America on the road e fuori dai canoni della famiglia classica e delle case fornite di tutti i comfort.

La prima fatica cinematografica di Nicholas Ray è uno di quei noir classici che faranno da apripista per il genere, almeno per quello che abbraccia il filone del road movie romantico, con personaggi più importanti della storia ed un grande senso di fatalità che si percepisce forte ad ogni inquadratura. Va a finire esattamente come si aspetterebbe qualsiasi spettatore ma la cosa è secondaria; conta il racconto - disperato e senza appello - non la conclusione. Un ottimo debutto dove i temi portanti del cinema del regista ( l'individualismo umano, una certa inquietudine giovanile ) sono già presenti.

Il debutto di Nicholas Ray è di quelli che si ricordano come folgoranti.
Malgrado la trama non sia certo innovativa il film dal punto tecnico è praticamente perfetto. Riesce ad essere comunque avvincente e appassionante malgrado il finale tragico appaia annunciato da tempo.
Un classico.

Buono il debutto di Ray, per i Cahiers du cinéma persino una tappa imprescindibile nell'evoluzione del noir, coerente con i temi che il suo cinema abbraccerà, Granger non è Dean, a sottolinearlo in futuro sarà Hitchcock, che lo avrà 3 anni più tardi, anche al fianco della Valli con Visconti non si dimostrò nel contesto adatto, una 20ina d'anni dopo invece lascia un bel ricordo nel capolavoro di Barboni. Rammenta la tragicità de 'Sono Innocente' di Lang, più spinto sul melò romantico, più avanti il celebre tradimento di 'Gangster Story', ambientato sempre nel periodo della Grande Depressione, l'America dei 'Nemici Pubblici'.
Buona la O'Donnell, lanciata da Wyler, coniugata col fratello Robert, lasciava presagire ben altra carriera.

Un cupo e non consolatorio noir che nella fuga dei due sposini anticiperà molto cinema successivo. La felicità coniugale negata da una fascinazione verso il crimine sempre più stringente e ossessiva.

Molto bella la regia, l'inizio e lo struggente finale. Peccato che i decenni (e le molte visioni di prodotti con le tematiche similari), rendono pesante la parte centrale. Non retorica, ma poco stilizzata.

Il film è bellissimo e rappresenta una tappa importante nella storia del noir: esordio vigoroso e attento alle tematiche sociali di Ray prossimo al capolavoro ("Il diritto di uccidere" per es.).
Unica nota dolente, Farley Granger è un attore che riesce difficilmente a emozionare, ma questo è un altro parere strettamente personale

Bellissimo noir d' esordio di un grande regista, Nicholas Ray, quando il noir stava diventando poliziesco. Accentra una storia d' amore in un contesto buoio, a tratti teso, un mondo che Ray se lo immaginava ormai alla deriva dove tutti mentono, anche la gente normale.."in fondo sono un ladro anch'io"..è la frase che spesso ritornerà nello script, in prima persona o riferito ad altri. Davvero Importante caratterizzazione psicologica dei protagonisti e forse le prime, comunque innovative, riprese con elicottero trasposte su celluloide, imitate poi all' infinito da tantissimi registi della storia del Cinema in seguito, tra le più importanti, cioè dalla stessa funzione circa il linguaggio, mi verrebbe da dire Loughton in "La morte corre sul fiume".