where the dead go to die (2012)

Pellicola antologica composta da tre segmenti che hanno come filo conduttore la presenza del cane malefico Labby.
Una vera e propria summa del cinema shock,caratterizzato da un animazione da strambo videogioco anni 90 ( merito e limite al solito tempo),un opera nella quale l'autore si diverte a fare a pezzi ogni dogma,dalla famiglia alla religione,un trip allucinante di violenza e perversione al cui confronto "A Serbian Film" e simili sono filmetti per famiglie.
Destabilizzante e difficile,dei tre episodi quello che ho preferito è il terzo che si spinge veramente oltre per quanto riguarda la spietatezza e la sgradevolezza.
Giustamente considerata una delle pellicole più disturbanti della storia del cinema.

Non sono riuscito ad apprezzare questo prodotto. La colpa, a mio parere, risiede nella nell'animazione utilizzata, stile videogioco vintage che toglie forza alle immagini e per quanto mi riguarda, appesantendo moltissimo la visione. Per cui, pur trattando temi forti e proponendo immagini altrettando forti, almeno in teoria, tale scelta strutturale nel tipo di animazione manda a monte il tutto.

Sicuramente una delle cose più incredibili mai create in campo cinematografico.E sicuramente l'ultima cosa che si dovrebbe guardare se si è sensibili...Quando la Pixar incontra il dark web....Trittico in animazione grezza dove ci viene sbattuto davanti agli occhi un catalogo assortito di perversioni e atrocità.Un viaggetto(in acido) in un inferno animato dove si susseguono visioni estreme,sgradevoli,truculente,allucinate,deliranti,sadiche,malsane e si potrebbe andare avanti così parecchio.La famiglia,la religione,l'infanzia vengono trasfigurate in culle di marciume,grottesche e ripugnanti.Se l'animazione povera rende la lunghezza un pò pesante,si percepisce comunque un disagio autentico.E sono innumerevoli le sequenze e i personaggi che non si scordano(l'inquietante cane-demone doppiato dal regista stesso,il poliziotto monco,le creature composte da parti anatomiche,i vari mostri carpenteriani o cronenberghiani,le presenze nere occhiute,i bambini senza volto,il Gesù con la sfera infuocata per testa).Il terzo episodio è indubbiamente il più estremo(agghiaccianti i lamenti della bambina...)e tuttavia concede una catarsi finale,affidata a un bambino-reietto deforme,ma più umano degli adulti "normali" che lo circondano.Mai come in questo film il termine "allucinante" sarebbe più appropriato.Una visione obbligatoria per tutti gli amanti dell'estremo che si rispettino,che difficilmente potranno restare indifferenti.Tralasciando il fattore animazione,"A Serbian Film" al confronto sembra un episodio di Peppa Pig...

Shock movie dalle tematiche pesantissime in parte mitigate dalla scelta di evitare il coinvolgimento di attori in carne e ossa, per sposare un'animazione simile a quella delle intro di alcuni videogames risalenti a metà anni '90. L' effetto disturbante resta ma viene smorzato nelle scene più raccapriccianti dall'estetica grezza. Le scenografie e gli sfondi in apparenza " sbagliati", grazie proprio alla disturbante semplicità, contribuiscono a rendere ancora più malsana la visione. La scelta di questa particolare computer grafica è quindi tutt'altro che casuale, perfettamente in linea con le storie raccontate, macabri reperti dagli agenti psichedelici capaci di generare a frotte moti di disgusto e pietà. Peccato per le molte digressioni enigmatiche dettate - a quanto pare- da uno stato psico-fisico del regista alterato da sostanze stupefacenti. Quando la narrazione si mantiene lineare infatti questo Jimmy ScreamerClauz, bizzarro tizio dall' altrettanto strambo sinonimo, riesce davvero a dare forma a quadri aberranti di rara spietatezza.
"Where the dead go to die" è formato tra tre episodi leggermente intersecati tra loro: si parte con "Tainted Milk" dove un ragazzino viene spinto a massacrare i propri genitori da un cane parlante spacciatosi come messaggero di dio.
Nel secondo ("Liquid memories", il più ostico da seguire) un uomo uccide per estrarre dalle sue vittime un siero contenente ricordi, tutto per ingraziarsi i temibili Uomini Ombra.
La chiusura affidata a "The mask that the monsters wear" risulta parecchio spietata e respingente; trattasi sicuramente del segmento più stratificato, quindi meglio sfumato, in cui viene raccontato l'amore tra due giovanissimi. Lui deforme e vessato dai genitori, lei abusata dal padre e costretta a girare video a luci rosse. Fondamentale e feroce la presa di posizione verso alcuni componenti sociali in teoria educativi: famiglia e religione vengono messi alla berlina come elementi deviati, ricettacoli di ipocrisia, beffe esistenziali in cui il debole è vittima a prescindere. Il tutto reso ancor più crudele dall'utilizzo dei bambini in sacrificio alla crudeltà umana.