Recensione la passione regia di Carlo Mazzacurati Italia 2010
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Recensione la passione (2010)

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Miglior attore non protagonista (Giuseppe Battiston)
VINCITORE DI 1 PREMIO DAVID DI DONATELLO:
Miglior attore non protagonista (Giuseppe Battiston)
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locandina del film LA PASSIONE

Immagine tratta dal film LA PASSIONE

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A tre anni dall'ultimo e delicato film "La giusta distanza" (2007), il regista Mazzacurati torna sugli schermi con una storia per certi versi autobiografica su un regista in crisi creativa che a cinquanta anni suonati non è riuscito ancora a sfondare e che, per una serie di avverse circostanze, è costretto a realizzare in cinque giorni appena la sacra rappresentazione del Venerdì santo in un ridente paesello toscano. Diverse le tematiche affrontate dalla storia così come è tranciato in due il tono del film: se la prima parte è senza dubbio tra il comico e il grottesco, la seconda sfocia nel drammatico soprattutto per merito dello stato di grazia di Giuseppe Battiston, già interprete per Mazzacurati.

Gianni Dubois (un perfetto Silvio Orlando con faccia da cane bastonato d'ordinanza) da cinque anni non esce sugli schermi con un film. Ormai quasi dimenticato da addetti ai lavori e non, e senza materiale creativo, riceve dal suo agente, uomo calcolatore e poco incline ai sentimentalismi, la possibilità di dirigere una divetta del teleschermo (Cristiana Capotondi). Ad aggravare la sua posizione arriva il ricatto di sindaco e assessore di un piccolo comune toscano: dirigere la Passione di Cristo locale o essere denunciato ai Beni Culturali per aver rischiato di distruggere un'opera d'arte confinante alla parete della sua cadente casa di campagna. Le storie che Dubois si inventa nel tentativo di venir fuori dalla sua abulia creativa (vero dramma per chi fa dell'inventiva una fonte di guadagno) sono incastonate nell'intreccio iniziale e rappresentano un sorta di film nel film, espediente non nuovo nella cinematografia ma sicuramente spiazzante per lo spettatore che spesso non riesce a cogliere l'intento ironico del regista.

La spocchia del protagonista verso il lavoro coatto nel paesello si contrappone ai modi bruschi dell'agente che al cellulare intima di trovare valide idee per compiacere la starlette ignorante e sicuramente poco professionale, ma anche remunerativa. La prepotenza dei potenti che a turno sono rappresentati dagli amministratori del paesino, dall'agente, dall'attricetta e dallo stesso regista, è un altro tema che Mazzacurati esamina nella vicenda: si vive in un'epoca di reciproci egoismi, dove la tesi di Hobbes dell'homo homini lupus è più che mai attuale. Paradossalmente il "puro" e "duro" della storia è invece uno che ha la fedina penale sporca: Ramiro (Battiston), un ex galeotto ripulito che dopo aver seguito un laboratorio teatrale a cura di Dubois si è innamorato a tal punto del mondo artistico da prendere in mano con piglio sicuro la direzione della rappresentazione sacra. I guai della burocrazia vengono superati con una serie di espedienti ispirati dal migliore Monicelli da "I soliti ignoti" a "Brancaleone": copioni ricopiati dai piccoli scrivani della scuola primaria, costumi rubati in un furto a fin di bene dall'ispirato Ramiro e provini con attori da Oscar della cialtroneria. Capo cialtrone è il protagonista della rappresentazione, tale Abbruscati (Corrado Guzzanti), star delle previsioni del tempo, fastidioso birignao e recitazione superata per dedizione e maestrìa dai vari Rex, Lassie e compagni.

Quando il film sembra sconfinare nel comico puro con passaggi noiosi e poco comprensibili arriva la virata della storia. Si assiste alla cronaca della recita sacra con un regista meno supponente e un colpo di scena da maestro. Il passaggio dal riso al pianto o allo stupore è quasi subitaneo, nella finzione così come nella vita, complice Battiston con un Cristo obeso, ma non meno ispirato. La pioggia scrosciante allontana il pubblico che così come nella vera Passione è sempre pronto a trarre vantaggi e a scappare alla prima avversità... forse Dubois è uscito dal suo vuoto, la catarsi è avvenuta: la vera Arte, l'Idea può essere salvifica.

Fuorviante nel titolo che potrebbe erroneamente far pensare a un film religioso o sulla religione, "La passione" è molto più laicamente dedicato alle paure che ognuno ha (pur nella loro arroganza e nell'ansia del ricatto, anche i politiconzoli di paese e l'attricetta sono persone che hanno timore), sorta di psicanalisi di gruppo con i suoi alti e bassi. Promosso con la sufficienza piena.

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Recensione a cura di peucezia - aggiornata al 14/03/2011 10.36.00

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