l'impero dei sensi regia di Nagisa Oshima Giappone, Francia 1976
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l'impero dei sensi (1976)

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locandina del film L'IMPERO DEI SENSI

Titolo Originale: AI NO CORRIDA - L'EMPIRE DES SENS

RegiaNagisa Oshima

InterpretiTatsuya Fuji, Eiko Matsuda, Aoi Nakajima, Melka Seri

Durata: h 2.00
NazionalitàGiappone, Francia 1976
Genereerotico
Al cinema nell'Agosto 1976

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Trama del film L'impero dei sensi

Tokyo, 1936. Il legame tra la giovane cameriera Abe Sada e Kichi, il proprietario della pensione presso cui presta servizio, è fatto di un amore totalmente dominato dai sensi. La relazione parte dall’attrazione reciproca, si evolve attraverso l’estasi sensuale per precipitare, nel finale, in un baratro erotico.

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Voto Visitatori:   7,63 / 10 (31 voti)7,63Grafico
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Voti e commenti su L'impero dei sensi, 31 opinioni inserite

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Gruppo COLLABORATORI SENIOR jack_torrence  @  25/02/2011 02:42:34
   9 / 10
Ha fatto "storia" per come è intessuto di scene di sesso esplicito, ma è anche considerato una delle vette del cinema di Oshima (per alcuni il suo capolavoro) - il quale è uno dei massimi maestri nipponici.

Può non essere facile, oggi, individuare le ragioni che fanno di questo film - per la sua epoca ben più "estremo" di "Ultimo tango" o di "Arancia meccanica" - un indiscutibile capolavoro della cinematografia mondiale.
Non basta certo l'estenuata e rigorosissima messa in scena, mai pruriginosa e sempre di altissima fattura, di grande perfezione estetica. Non basta: staremmo dalle parti di Borowczyk (grande esteta, e autore negli stessi anni '70 di film erotici molto espliciti). Ma qui c'è qualcosa di più.
Qualcosa che non è soltanto rintracciabile nelle teorie di Bataille su amore e morte, eros e thanatos (che pure si presterebbero perfettamente come riduzione-bignami della poetica di Oshima). Non è estraneo al film neppure un discorso sociale: confrontare le classi sociali d'appartenenza dei protagonisti...

Ma il "di più", il valore aggiunto, sta nella seraficità con cui il protagonista si fa annichilire. La pulsione autodistruttiva è messa in scena come un rito (altra peculiarità di Oshima): un rito che destabilizza perché è appunto autodistruttivo, non certo per il suo contenuto esteriormente connesso alla dimensione del piacere sessuale.
La grandezza del film risiede nella maniera in cui progressivamente la morte s'impossessa della vitalità: nel modo in cui la coazione a replicare il piacere si converte in istinto di morte.
La smania di possesso contagia come un virus la donna del popolo, sino a renderla folle e priva della fonte del suo piacere, per averne voluto possedere il feticcio.
Lo sviluppo sfiora il teorema (1), ma (se forse questo è un limite) di un teorema possiede comunque anche la perfezione.

Il risultato è davvero molto alto.
E se sicuramente - fosse fatto oggi - questo film non darebbe uguale "scandalo" (e di conseguenza non assurgerebbe alla stessa celebrità, e nemmeno avrebbe forse lo stesso riconoscimento critico), esso possiede un fascino intramontabile che gli deriva dal suo tono allegorico: la vicenda (ispirata a un fatto reale) è ambientata negli anni '30, e potrebbe svolgersi anche oggi, in ogni luogo. In questo senso il film è universale.
Può non essere amato visceralmente, ma non si può disconoscerne la grandezza che spetta ai veri capolavori.


(1) e difatti, non mi paiono fuori luogo confronti proprio con "Teorema" di Pasolini, né di conseguenza con il disturbante e quasi ripugnante "Visitor Q" di Miike (film che però si smarrisce nel compiacimento di un "autore" lontanissimo dal rigore di Oshima).

7 risposte al commento
Ultima risposta 31/03/2011 22.50.35
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