Recensione m. butterfly regia di David Cronenberg Canada, USA 1993
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Recensione m. butterfly (1993)

Voto Visitatori:   8,19 / 10 (42 voti)8,19Grafico
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locandina del film M. BUTTERFLY

Immagine tratta dal film M. BUTTERFLY

Immagine tratta dal film M. BUTTERFLY

Immagine tratta dal film M. BUTTERFLY

Immagine tratta dal film M. BUTTERFLY

Immagine tratta dal film M. BUTTERFLY
 

Sarò la tua Butterfly...

E' da qui che parte tutto l'inganno del film... L'occidente che si avvicina all'oriente con presunzione basandosi su preconoscenze che sono niente più che un clichè tradizionale, imbevuto della propria superiorità che pensa di poter comprendere a fondo una cultura millenaria dopo aver ascoltato una sola opera lirica, scritta per di più da un occidentale.
Il film è ambientato nell'anno 1967: René Gallimard, un impiegato dell'ambasciata francese, assite ad un party alla performance di alcune arie della Madame Butterfly di Puccini cantate da una star dell'opera di Pechino, Song Liling.
Assolutamente affascinato dalla bellezza e saggezza di Song, la persegue ostinatamente, non preoccupandosi minimamente del suo matrimonio e del suo lavoro. Song esita inizialmente ad assecondare le avance di Renè, dichiarando modestia e un certo rispetto per le tradizioni cinesi, ma capitola presto agli infuocati desideri di Renè, sebbene alle sue condizioni. Song confida a Renè di essere incinta e di dover tornare al suo villaggio natio, fin quando il bambino avrà tre mesi, per una antica usanza cinese.
Ma, all'insaputa di Renè, Song è una spia del partito comunista e lo sta usando per ottenere informazioni politiche sul Vietnam. Song ritorna dal suo Renè con il loro figlio, ma solo per breve tempo; è infatti accompagnata da delle guardie che la porteranno in un campo di concentramento per essere rieducata, colpevole del fatto di essere un'artista.
A causa di alcuni suoi errori di valutazione e dei cambiamenti politici in Asia nel 1968, Renè perde il posto e ritorna in Francia. Sua moglie e tutti i suoi colleghi l'hanno abbandonato, vive in un piccolo appartamento, servendosi il tè da solo ricordando i tempi che furono. Miracolosamente però Song ritorna da Renè e lo convince ad accettare un lavoro come corriere per l'ambasciata, in modo da poter avere accesso di nuovo a segreti cruciali. Song dice a Renè, che gli deve permettere di diffondere i segreti governativi ai cinesi per avere indietro il loro figlio. Renè viene quindi arrestato per spionaggio. Durante il processo, Song rivela tutta la scioccante verità.

"I am a man who loved a woman created by a man (...) What I loved was the lie"

Questo film apparentemente così lontano da tutti gli altri di Cronenberg, ad un'analisi più approfondita risulta cronenberghiano al 100%. Come in tutti i suoi film ha una struttura a domino: la storia ruota intorno ad un evento scatenante che cambierà per sempre la vita del protagonista e che spazzerà via ogni suo equilibrio fino a distruggerne l'identità.
Basti pensare al teletrasporto ne "La mosca", l'amore per una donna in "Inseparabil"i, l'incidente automobilistico in "Crash" fino ad arrivare all'ultimo "History of Violence", dove la tessera iniziale del domino è un semplice furto in un bar.
In "M Butterfly", il tassello iniziale non è altro che la visione della Madame Butterfly da parte di René Gallimard, che gli aprirà una ingannevole finestra sul mondo orientale, in cui il nostro eroe perderà se stesso e la propria identità.
Il protagonista del film è un eroe cronenberghiano a tutti gli effetti, un Jeremy Irons magnifico è un mix tra i due gemelli degli Inseparabili che dice molto più con gli sguardi che con le parole. Seppur omogenea al complesso della sua opera, Cronenberg decide di raccontare questa storia in modo diverso, senza puntare sulla fisicità, ma sull'interiorità, sull'anima dei personaggi, soffermandosi sui primi piani e sugli sguardi. La telecamera si muove lentamente in modo quasi rassicurante insistendo su panoramiche interminabili, procedendo inesorabilmente di pari passo col degrado del personaggio principale.
E' facile interpretare il film come un monito a tutta la società occidentale, e ai risvolti catastrofici che un certo tipo d'approccio a culture diverse può provocare. Indicativa la scena in cui un Renè ormai sconsolato assiste alla rivolta studentesca di Parigi, dove i giovani francesi scimmiottano i loro "colleghi" cinesi. Anche loro catturati da un ideale di cui ignorano le conseguenze.
Renè rappresenta l'occidente in tutta la sua superficialità, che si avvicina ad una cultura diversa sicuro della propria superiorità; si trova nella Pechino del 1964, è un borghese di Francia dalle salde certezze e dall'evidente benessere, economico e sentimentale, richiamato in Cina dall'ambasciata transalpina a scoprire gli sperperi di denaro perpetrati dai colleghi diplomatici.
Appena arrivato, Gallimard, all'apparenza timido burocrate, si lancia, senza la premura di assicurarsi vie di salvezza, nelle due opere che lo porteranno alla sua caduta professionale e umana.

Professionalmente parlando Gallimard è costretto a scontrarsi con il mondo dell'ambasciata, desideroso di ben figurare inizia ad indagare sui vari sperperi attirandosi l'astio dei sui colleghi, ma questo lo porterà a raggiungere il punto più alto della sua vita professionale arrivando ad ottenere la carica di vice console.
Da qui in avanti inizierà la caduta. Infatti Renè è convinto di aver carpito tutti i segreti della cultura cinese ed asiatica, ma la sua è una conoscenza da romanzo d'appendice che non ha alcuna base, se non quella dei luoghi comuni e dei melodrammi. Non c'è alcuna differenza per lui tra vietnamiti e cinesi, come nel caso della madame butterfly in cui accomuna giapponesi e cinesi. Scambiando per verità le sue allucinazioni causate da una visione blanda e superficiale dei rapporti tra Oriente e Occidente si lascia andare a fantomatiche previsioni geopolitiche. I movimenti studenteschi del 1968 spazzeranno via Renè e le sue certezze, che si ritroverà costretto a fare il corriere diplomatico travolto dagli eventi e dalla storia.
Ma il punto di non ritorno, il picco di presunzione Gallimard lo raggiunge volendo far sua la cultura cinese con gli occhi gonfi di leggende e luoghi comuni. E' qui che la storia muta in tragedia ed è qui che si concentra tutta la poesia del film.
Accecato dalle sue convinzioni intraprende un viaggio senza ritorno all'interno della tradizione cinese, in cui però le nuove conoscenze non devono far altro che confermare quella che è la sua visione. Ed è questo Renè Gallimard che si innamora di Song, un Gallimard incapace di vedere al di là del suo falso sapere.
Song (interpretata da un immenso John Lone), cantante d'opera, viene eletta da Renè come suo Virgilio in quella Cina costretta ad essere la fotocopia della Cina da lui immaginata. Ma la supponenza di Renè non si ferma qui, non si accontenta di accogliere in sè il senso di una cultura millenaria, lui vuole di più... vuole farsene salvatore.
Ed è da questo fervore che scaturisce un sentimento d'amore, un sentimento cieco, in cui Gallimard fantastica d'aver trovato l'amore perfetto e progressivamente perde se stesso, la propria identità diventando una caricatura, non più una persona ma un personaggio. In questo stato di allucinazione si possono spiegare gravidanze altrimenti inconcepibili, atti sessuali privi di ogni senso.
Splendida la sequenza all'interno del furgoncino della polizia, in cui Gallimard e Song/Uomo sono costretti al confronto, la vittima e il suo carnefice... Song dinanzi a Renè mette a nudo con cinismo assoluto non solo se stesso, ma tutta la fantasmatica "realtà" tanto desiderata.
La pellicola non può che concludersi in maniera circolare, finire come era iniziato il tutto, ma questa volta non è Song a cantare nell'improvvisato teatro dell'ambasciate svedese, ma Renè in uno stato quasi di trance che in uno squallido teatro di una prigione inscena la sua personalissima Madame Butterfly tra gli stereotipi di un oriente da cartolina.
Renè giunge alla fine del suo sogno vaneggiante, all'interno di un meccanismo di perenni mutamenti d'identità, a questo punto inconsci ma inseguiti, paranoici eppure consapevoli... la sua rappresentazione non può che finire con il suicidio. Non sono la vergogna o il disonore i motivi che lo portano al suicidio, ma l'annullamento della propria identità, la perdita di quel mondo cosi tanto agognato e cercato.

"Ho una visione dell'oriente, vedo che dentro i suoi occhi a mandorla ci sono ancora donne disposte a sacrificare la propria vita per amore di un uomo, anche di un uomo il cui amore è assolutamente privo di valore. Morire con onore è meglio che vivere nel disonore. Così, alla fine, in una prigione lontano dalla Cina, io l'ho trovato. Mi chiamo Renè Gallimard, conosciuto anche come Madama Butterfly."

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Recensione a cura di bungle77 - aggiornata al 03/02/2006

Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell'autore e non necessariamente rappresenta Filmscoop.it

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