Recensione creed ii regia di Steven Caple Jr. USA 2018
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Recensione creed ii (2018)

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locandina del film CREED II

Immagine tratta dal film CREED II

Immagine tratta dal film CREED II

Immagine tratta dal film CREED II

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Immagine tratta dal film CREED II
 

Il mondo è cambiato
Nel 1985, quando Rocky IV uscì nelle sale, la Russia rappresentava l'antagonista sportivo principale degli Stati Uniti. Il gigante sovietico, per quanto la Guerra Fredda fosse ormai agli sgoccioli, non aveva ancora mostrato i suoi piedi d'argilla e l'inespressivo Ivan Drago era il minaccioso prodotto in serie dell'atleta che avrebbe trionfato sulla concorrenza americana. Del resto, con la Cina ancora lontanissima dalla forma attuale, USA e URSS si contendevano gli ori nella stragande maggioranza di discipline olimpioniche, monopolizzando quasi del tutto il medagliere in numerose edizioni dal dopoguerra fino all'inizio del nuovo millennio.
Nel 2019, anno di uscita di Creed II, l'URSS non esiste più: Ivan Drago e il figlio Viktor si allenano nella fredda periferia di Kiev, con pochi spazi, mezzi e strutture, ma con moltissima determinazione.

Il Cinema è cambiato
Rocky IV viveva di opposizioni molto nette tra i due rivali: da una parte il pugile esperto, che combatteva liberamente, con cuore e anima, allenandosi in mezzo alla natura dimorando in una casa senza neanche la televisione, dall'altra l'atleta totale, glaciale, creato su misura con le più moderne tecnologie dell'epoca nonchè pupillo di un'intera classe politica/dirigente in cerca di una vittoria contro l'atavico nemico americano. Drago era essenzialmente un cyborg programmato solo per annientare qualsiasi nemico gli si trovasse davanti, uno stereotipo ma anche uno dei più celebri cattivi che la storia del cinema ci ha regalato.
Però sono passati oltre 30 anni e il cinema ha fatto della caratterizzazione psicologica dei personaggi un suo dogma. E' finito il tempo dei cattivi "puri", che volevano solo far del male per motivi che restavano oscuri allo spettatore. Sono tutti finiti nei film dei superoi probabilmente. Oggi, le azioni di Ivan Drago e figlio sono tutte dettate da un astio che trova una giustificazione molto solida negli eventi narrati in Rocky IV. Ma questa volta, l'originale inespressività di Drago e la sua superficiale caratterizzazione lasciano il posto a due personaggi umanissimi e fragilissimi, che si sostengono a vicenda nelle avversità che la vita gli ha riservato. Entrambi i personaggi centellinano le parole ma i ritratti che ne vengono fuori esaltano il loro lato umano. Nelle sue oltre 2 ore, Creed II riesce persino a mettere lo spettatore in una condizione empatica nei confronti del "cattivo" per eccellenza della saga. Un pregio non da poco.

Rocky è cambiato
Bisogna essere sinceri: i fan delle saga di Rocky sono ormai abbastanza "stagionati" e non rappresentano più un bacino d'utenza su cui fondare un successo commerciale. Il nome dietro la macchina da presa del film è quello di Steven Caple Jr, un illustre sconosciuto al grande pubblico (al suo attivo un solo film che non ha superato i confini americani). E' assolutamente normale che la saga si muova verso una nuova fetta di pubblico più giovane, senza però dimenticare i vecchi fan. Il binomio tradizione-innovazione di Creed II funziona nella maggior parte dei casi. Gli incontri sono adesso diretti con maggiore realismo, e le sequenze drammatiche risultano scritte in maniera abbastanza credibile. La trama è ovviamente scontata, ma le modalità con cui si evolvono alcune situazioni sono a volte originali. Per quanto i personaggi vengono ripresi dal quarto capitolo di Rocky, la struttura narrativa ricalca il terzo capitolo con quel meccanismo di conferma-caduta-riconferma che si dimostra sempre vincente. Gli incontri sono densi di significati e di storie che portano con sè: i due pugili sono solamente i finalizzatori di un intreccio di esperienze che si combattono ma che sono anche tragicamente simili. Per la prima volta in tutta la saga, i due mondi che si scontrano sul ring sono finalmente entrambi riempiti di persone, sentimenti ed emozioni come mai prima d'ora. L'aspetto motivazionale ed emotivo è solido sia per il protagonista che per il suo antagonista. E alla fine, come già scritto in precedenza, i vinti, non hanno mai goduto di tale sensibilità da parte dello spettatore nell'intero universo di Rocky. Finalmente, al nono episodio della saga, il nemico non viene più pescato dagli stereotipi del genere ma gode di spessore psicologico.
Se questo può essere considerato il pregio più grande del film, lo stesso non si può dire per il montaggio.
Per quanto il pathos creato per l'incontro finale sia quello giusto e alcuni momenti esaltano lo spettatore come mai prima d'ora, il ritmo del film questa volta sembra essere poco bilanciato tra le sequenze d'azione e quelle drammatiche.
A conferma di ciò, un dato che soprende sicuramente è la durata del film, che supera le 2 ore. La lunghezza non è giustificata dai 3 incontri presenti, nè dalle fasi di allenamento (solo 2 spezzoni di durata inferiore a quelle dei Rocky), ma dalle numerose sequenze in cui i personaggi dialogano tra loro. La sceneggiatura non pecca di banalità e nessuna scena è lasciata al caso, ma forse la saga, sotto questo punto di vista, sta prendendo una strada rischiosa che potrebbe, in futuro, non raccogliere i favori del grande pubblico. Il prezzo da pagare per una caratterizzazione decente dei personaggi non possono essere 130 minuti di film, come dimostrano gli stessi Drago e Viktor, che parlano pochissimo e non si vedono spesso, ma godono di grande spessore. Allo stato dei fatti, già una seconda visione del film potrebbe risultare noiosa per l'eccessivo numero di sequenze dialogate.

Creed III
Il mondo della critica cinematografica, traducendo le sequenze finali del film, si trova d'accordo nel definire Creed II il capitolo finale della saga di Rocky. Siamo già al secondo episodio che cancella la parolina magica "Rocky" dal suo titolo ma il pugile italiano resta ancora il vero Deus Ex Machina di entambi i lungometraggi: la sua presenza/assenza continua a condizionare in maniera determinante gli esiti degli incontri.
La colpa non è da attribuire ad Adonis Creed, che fa il possibile per creare un personaggio tutto suo pur non riuscendo mai ad oscurare la presenza di Rocky, ottenendo quindi solo l'effetto opposto.
Se la saga era logicamente scritta attorno al suo protagonista, quella di Creed non può farne a meno e continua a spolverare, con un gioco continuo di citazioni, parallelismi e rimandi ai film precedenti, la statua dello Stallone Italiano sulla scalinata di Philadelfia.
La realtà è che allo stato attuale delle cose, Creed non è un prodotto ancora autosufficiente, e poichè i suoi film continuano a riscuotere grande successo al botteghino, è impensabile un seguito privo del pugile (ancora) più amato dal pubblico.
Adonis Creed "avrà vinto qualche incontro, ma non è Rocky Balboa" verrebbe da dire.
E il destino in solitaria potrebbe essere prevedibile quanto l'esito un incontro di Creed senza Rocky al suo angolo...

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Recensione a cura di Gabriele Nasisi - aggiornata al 12/06/2019 18.01.00

Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell'autore e non necessariamente rappresenta Filmscoop.it

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