killing words - parole assassine (2003)

Un locale interrato e un'aula per interrogatori,due soli interni per lo svolgimento di "Killing Words",thriller iberico di discreto livello diretto da Laura Manà.
Ad appassionare è l'intricato miscuglio di impressioni,certezze e ipotesi suggerite allo spettatore,letteralmente in balia di una macchinazione contorta che sbugiarda a più riprese ogni evidenza.
Ramon sembra uno spietato serial-killer,Laura l'ultima vittima di una lunga serie,lo scontro tra i due si svolge in un ambiente elegante e per nulla accostabile ai luridi set spesso ricorrenti in questo tipo di produzioni.C'è da parte della regista un'inequivocabile ricerca stilistica e la volontà di slegarsi da qualsiasi stereotipo scenografico,anche se tutto ciò lascia che questa sublimazione del proprio operato sia un po' troppo tendente all'autocelebrazione.
Per fortuna la trama non perde colpi,efficace nell'instillare dubbi sui quali per la maggior parte sarà lo stesso Ramon a far luce.Ai fatti che hanno luogo nello scantinato un montaggio dagli incastri perfetti e dalla precisa coerenza narrativa alterna l'interrogatorio al quale l'uomo viene sottoposto e durante il quale svelerà le sue verità.
Strutturato per intero su una fitta serie di dialoghi "Killling Words" regge bene,a tratti dà l'impressione di imboccare vicoli ciechi dai quali tuttavia si affranca grazie ad una sceneggiatura spigliata che si fa beffe di una staticità di chiara matrice teatrale.
Le parole sono le regine incontrastate della pellicola,elemento fondamentale per una beffeggiatrice chiusura del cerchio ed armi attraverso cui i personaggi duellano.
Il doppiaggio mediocre non inficia più di tanto la prova di Goya Toledo e soprattutto Dario Grandinetti,attori validi e di provata esperienza.