Agnese, sedici anni, viene sedotta dal fidanzato della sorella Matilde. Il babbo pretende le nozze riparatrici, ma il seduttore nicchia. Costretto con le maniere forti, quando l'uomo accetta è Agnese a rifiutare. Il gentore non demorde e la giovane minaccia di rinchiudersi in convento.
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Adoro la commedia germiana: esagerata, apocalittica, studiatissima, esasperata, rumorosa, significativa, grottesca. Uno dei vertici del Cinema italiano. Se nel precedente “Divorzio all’Italiana” (il capolavoro del grande regista genovese) era più sviluppata e descritta la figura maschile del barone Cefalù, qui si dà maggior attenzione alla complessa e per nulla scontata figura femminile (presente tra l’altro anche nel succitato) di Agnese, la splendida e brava Stefania Sandrelli, musa del regista. Questo film rientra in uno dei generi prediletti da Germi, la commedia, ma conosciamo la sua abilità anche nel trattare il “neorealismo” (se così possiamo chiamare produzioni come “Il Ferroviere” o “L’uomo di Paglia”) , generi comunque ispirati a una sensazione dominanti: in quella il cinismo, in quello la pietà. Estremamente corporeo anche nello studio del particolare, il film forse in confronto al precedente perde ritmo e dinamismo, dilungandosi forse troppo nell’esasperazione dei personaggi e nella teatralità di una forse eccessiva evenemenzialità di soggetto (in breve, troppe scene). Quindi maggiore tecnica nonché virtuosismo del film con Mas*****nni, ma anche eccessiva concettualità a scapito della narrazione. Eccelso, superbo, inarrivabile Saro Urzì. Delizioso e importante il personaggio del poliziotto giovane che osserva incredulo e ironico l’esasperata e teatrale società che gli passa davanti agli occhi Ah, ovviamente indimenticabile il processo, tra le scene più belle del Cinema italiano.