melancholia (2011) regia di Lars von Trier Danimarca, Francia 2011
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melancholia (2011)

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locandina del film MELANCHOLIA (2011)

Titolo Originale: MELANCHOLIA

RegiaLars von Trier

InterpretiKirsten Dunst, Charlotte Gainsbourg, Kiefer Sutherland, Alexander Skarsgård, Cameron Spurr, Stellan Skarsgård, John Hurt, Brady Corbet, Jesper Christensen, Charlotte Rampling, Udo Kier, James Cagnard, Deborah Fronko, Charlotta Miller, Claire Miller, Gary Whitaker, Katrine A. Sahlstrøm, Christian Geisnæs

Durata: h 2.16
NazionalitàDanimarca, Francia 2011
Generedrammatico
Al cinema nell'Ottobre 2011

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Trama del film Melancholia (2011)

Justine e Michael stanno per sposarsi, il ricevimento si terrà nella casa della sorella di Justine, ma proprio in quei giorni un evento catastrofico minaccia la terra ed i suoi abitanti...

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Voto Visitatori:   7,41 / 10 (208 voti)7,41Grafico
Voto Recensore:   8,00 / 10  8,00
Miglior attrice (Kirsten Dunst)
VINCITORE DI 1 PREMIO AL FESTIVAL DI CANNES:
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Voti e commenti su Melancholia (2011), 208 opinioni inserite

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Gruppo COLLABORATORI SENIOR Invia una mail all'autore del commento kowalsky  @  22/10/2011 00:41:14
   9 / 10
La scena finale di "The Antichrist" animava, incarnava uno spazio pittorico vivente che citava Bosch, l'inizio di "Melancholia" trasfigura una (vera) tela di Bruegel - citato a dismisura nel cinema. Spero caldamente che nessuno azzardi paragoni con il noto film del noto regista xxx solo perchè vediamo un pianeta attraversare lo spazio cosmico e sfaldarsi in/da/con noi. Lo confesso, amo Von Trier ma non sempre il suo compiacimento, la sua lacerazione, il sadismo del suo sguardo mi ha convinto. Ma mentre guardavo nei tg nazionali l'agonia di un dittatore linciato a sangue dalla folla non ho potuto fare a meno di chiedermi cosa veramente mi disturba di lui. Ogni ulteriore commento è superfluo, perchè questa dissonanza è talmente realistica e perpetua da suscitare soprattutto ammirazione.
Nella storia delle due sorelle, l'elemento comune è quello che sovverte la realtà. La più fragile delle due sembra essere Justine, ma diventa la più coraggiosa davanti alla prospettiva della morte. Al contrario, Claire, che ha pianificato la vita sotto ogni aspetto, mostra le sue paure, che poi sono le stesse dell'umanità davanti alla distruzione di ogni forma di "mestiere" dell'umanità.
E' interessante notare che mentre le ambivalenze femminili sono riflessive - esposte in modo graduale ma aperto a debolezze virtù e coraggio gli uomini del film sembrano vivere di riflessi che sono vere e proprie maschere. La figura paterna delle donne, così assente e caciarona rispetto al dogmatismo cinico e disciplinato dell'ex moglie (un John Hurt strepitoso, una Rampling spigolosa che non si dimentica), la beatitudine amorosa del promesso sposo di Justine, il fatalismo scientifico del marito di Claire.
E il cuore batte forte, immagini che restituiscono il senso di vuoto di noi che non abbiamo più difese (nè Von Trier ce le concede) e sappiamo solo limitarci a dire che rispetto alla seconda parte così monotematica abbiamo preferito la prima.
E' dove i Sorrisi di una notte d'estate (ancora Bergman non a caso) si sfaldano e si distruggono nel giro di poche ore, davanti all'evento (già celebrato) di un matrimonio destinato a fallire così precocemente. Fallisce un sogno d'amore, la prospettiva che due persone possano stare insieme, o il nucleo familiare? Perchè davanti al "grande evento" tutti sono più felici quando è coronata la serenità altrui? La gioia degli invitati si trasforma in un'aspettativa tradìta, eppure non sembra una delusione così rilevante. Justine sarà accusata dallo spettatore di essere una specie di paranoica ninfomane, perchè non abbiamo i mezzi per credere il contrario.
Ma alla fine la sposa vaga tra coppie festose come se fosse letteralmente invisibile.
L'"evento" diventa più importante dell'interiorità umana.
Nel momento in cui mette fine a un prestigioso rapporto di lavoro - per quanto mi riguarda, il momento più liberatorio e anarchico del film cfr. farebbe impallidire gli inquilini di Carnage - la verità è nuda e trova il nostro completo consenso.
I Sorrisi di una notte d'estate si trasformano, nel secondo episodio, nelle tenebre di un'attesa temporale agghiacciante, all'eccitazione segue la paura, lo smarrimento è insito proprio in coloro che avevano coltivato più di altri una vita "terrena" (marito premuroso e intelligente, figlio amatissimo e sognatore).
La delusione dello spettatore è evidente: metabolizzati i misteri (?) o i segreti di Justine, ci si attende un resoconto terribile delle sue fragilità. Invece, eccoci davanti alla "banale" deriva di un pianeta sconosciuto che mette a repentaglio la vita sulla terra. Nessun referente mistico o religioso, come nel caso di Malick, anche volendo ribattezzare il film Tree of death.
In fondo, il rito del matrimonio è il tributo affettuoso di Von Trier al cinema classico, diciamo che sembra a tutti gli effetti un clone contemporaneo del cinema di Douglas Sirk. Perchè il segreto di Von Trier è di scompaginare il classicismo e di privarlo della sua neutralità visiva.
Lo spettatore attende invano un terzo episodio che non arriva mai, da quel mondo di cui "nessuno sentirà la mancanza".
Altro aspetto peculiare del film è l'abbienza, e non mi riferisco al classico rito borghese, ma proprio all'esibizionismo delle risorse. Il marito di Claire (un Kiefer Sutherland finalmente libero dai suoi ruoli di psicolabile perenne) parla con enfasi del "campo da golf di 18 buche", il Grande Capo (ehm) di Justine si vanta di soggiogare con la sua "proprietà" fino a umiliare persino un membro della sua famiglia. Ma il potere che traspare alla fine è solo un'inquieta solitudine.
Davanti ai rituali e alle speranze tradite, tutto si ritorce contro di loro/noi.
Dopotutto, esistono due modi di rassicurare lo spettatore con qualcosa di tragico, e Von Trier non sceglie la strada più tradizionale. Mi basta chiudere gli occhi e sentirmi confuso, fragile quanto basta per sentirmi attaccato a questo incerto futuro

12 risposte al commento
Ultima risposta 30/01/2012 02.58.10
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