Joker è noto per essere uno dei nemici storici di Batman. Ma la storia del suo alter ego Arthur Fleck rivela come un uomo trascurato dalla società possa riversare tutta la sua grinta in qualcosa che sarà di futuro monito per tutto il mondo.
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"La parte peggiore dell'avere una malattia mentale è che le persone si aspettano che ti comporti come se non l'avessi"
Joker di Todd Philips non è un cinecomic, ma non è neanche un dramma psicologico nè uno sociale, poiché a mio parere non ha la sostanza nè i contenuti sufficienti a renderlo tale. Allora che cos'è? È una discreta via di mezzo ben costruita e diretta, sorretta interamente da una straordinaria, intensa e fisica interpretazione di Phoenix. Nonostante la pellicola si soffermi in più di un momento sulla considerazione e sul trattamento delle persone che soffrono di disturbi psico-neurologici da parte della società e di chi dovrebbe essere predisposto all'ascolto e al supporto, la pellicola rimane sul generico, senza toccare le corde più profonde della questione. La costruzione e la genesi di un mostro è basata su elementi come il bullismo, l'alienazione,la povertà e i disturbi psicologici. La colpa ricade dunque su un sistema che non aiuta, non sostiene, non ascolta, discrimina, privilegia i ricchi e lascia soccombere i poveri. Queste sono tematiche che Philips abbozza, preferendo concentrarsi sulla fisionomia, la mimica e filtrare tutto attraverso il dramma vissuto nel microcosmo di Arthur. Vero è che l'atroce microcosmo di Arthur ci riconduce ad un macrocosmo che soffre le sue stesse pene, che è stanco dell'umiliazione e del basso tenore di vita. È vero anche però che le tematiche e il background socio-politico rimangono troppo abbozzate per giustificare determinati eventi cardine della pellicola.
Joker è dunque un bel film, classico nella sua atipicità, con un percorso di (de) formazione abbastanza ancorato a schemi già visti, con un potenziale da capolavoro che rimane parzialmente inespresso e sviluppato.