Un cavaliere torna dal campo di battaglia solo e trova ad attenderlo una terra devastata dalla peste, e la Morte che lo reclama. Riuscirà a prolungare la propria esistenza impegnando la Mietitrice in una lunga partita a scacchi che sa di non poter vincere.
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La Morte: prima o poi tutti dobbiamo affrontarla, e ad essa niente e nessuno può sfuggire; al massimo, la propria ora la si puo' solo rimandare. Riportando un verso narrato da uno dei due attori del carro, che nei suoi spettacoli incarna la morte con una semplice maschera: "rammenta oh sciagurato l'eterna legge... La vita non è altro che un dono futile e passeggero, che io posso riprendermi quando voglio". Questo pensiero potrebbe tranquillamente racchiudere tutta l'opera di Bergman, di sicuro tra le più' esistenzialiste che il cinema ricordi.
Risente soprattutto nel ritmo del peso degli anni trascorsi, certi passaggi sono fondamentalmente inutili, ed ovviamente darci un'interpretazione o coglierne i significati, almeno per uno spettatore medio, non e' per niente un lavoro facile; ma i dialoghi sono eccellenti, gli attori bravissimi, e il modo di affrontare il tema singolare ed originale.
Non sono amante di questo genere di cinema (che tende sempre ad annoiarmi) così come non sono uno al quale piace scervellarsi più di tanto nella profondità di certe tematiche; ma ne riconosco meriti ed importanza storica, percio' il voto se lo merita tutto malgrado non rispecchi minimamente il mio gradimento personale.
Memorabili le inquietanti apparizioni della Morte e la sequenza nel villaggio della flagellazione dei peccatori per la gloria di Dio.