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Dopo tre lungometraggi sulle classi più umili e uno sul Papa (il "povero dei poveri"), con "Un certo giorno" Olmi rivolge la sua attenzione all'alta borghesia (vi ritornerà prepotentemente con "Lunga vita alla signora!"). La struttura narrativa è lineare ma il montaggio fin troppo audace, con flashbacks e flashforwards spesso ingombranti. L'incipit è macchinoso e bisogna pazientare molto prima di individuare il protagonista della storia. Lo svolgimento della trama è dominato da una costante apatia e da toni dimessi che castrano il rapporto causa-effetto contenuto nel titolo (incidente-reazione interiore) e il risultato finale perde vigore. Olmi si dimentica che la sua marcata prospettiva umanistica ha bisogno di opportuni accorgimenti comunicativi nei confronti dello spettatore, altrimenti ne viene fuori una mattonata di una mestizia infinita e neanche troppo incisiva.