Robin Hood racconterà la storia del celebre personaggio, le sue origini e la sua storia d’amore con Marian, donna forte e indipendente in grado di far superare a Robin durezze e diffidenze figlie del suo travagliato passato.
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Altro colossal per Scott, Altro giro a vuoto, Il regista britannico continua sulla strada dei suoi precedenti kolossal "Il Gladiatore" e "Le crociate", portando la sua ricerca stilistica alle estreme conseguenze, avvitandosi su se stesso a tal punto da lasciare niente di più che una serie di sequenze ben realizzate, ma visivamente già superate dalla maggior parte dei registi americani (Snyder, Zemeckis, Nolan, Rodriguez e per fino lo stesso Cameron). Montaggio ipercinetico, continui zoom in, zoom out, accellerazioni e violente decellerazioni, inquadrature esasperate e citazioni dozzinali la scena viene destrutturata al punto da non comunicare più nulla se non un accozzaglia estetizzante di movimenti. La forma sembra non servire più una sostanza, Scott scivola sopra la storia senza raccontarla, evita di stratificare qualsiasi significato limitandosi ad accumulare suggestione su suggestioni, che, per giunta, non hanno nulla di originale o di estremo. Un "Robin Hood" retto solamente da una sceneggiatura ipertrofica e da un gruppetto di attori spaesati dai quali emerge solo la splendida Cate Blanchett. Un "Robin Hood" dal quale non emerge ne l'edificante retorica della leggenda, ne l'ironia scanzonata della commandia, ne una rilettura iperviolenta e post moderna del mito, ma solo un trionfo di vana e anonima bellezza e di futuristica velocità, che, certo, avvince, ma non lascia nessuna traccia.