Recensione persepolis regia di Marjane Satrapi, Vincent Paronnaud Francia 2007
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Recensione persepolis (2007)

Voto Visitatori:   8,01 / 10 (141 voti)8,01Grafico
Voto Recensore:   8,00 / 10  8,00
Migliore sceneggiatura non originaleMigliore opera prima
VINCITORE DI 2 PREMI CÉSAR:
Migliore sceneggiatura non originale, Migliore opera prima
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locandina del film PERSEPOLIS

Immagine tratta dal film PERSEPOLIS

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Immagine tratta dal film PERSEPOLIS

Immagine tratta dal film PERSEPOLIS

Immagine tratta dal film PERSEPOLIS
 

E' un autentico gioiellino questo film d'animazione che è stato candidato all'oscar 2008 e che si è meritato 15 minuti di ovazione a Cannes.
Bildungsroman, storia di formazione della sua autrice Marjane Satrapi, una giovane iraniana che ha tradotto in un'ora e mezza i quattro volumi della sua graphic novel (romanzo a fumetti), "Persepolis" si avvale di una tecnica antica ma al tempo stesso innovativa per chi ormai vede i cartoni animati generati solo dai pixel e non più dalle cartelle disegnate come si faceva una volta: bianco e nero con stralci di colore (la scelta ha un significato simbolico in quanto si sceglie di colorare solo l'aeroporto di Parigi dove l'autrice risiede e dove è "nata" per la seconda volta), disegno bidimensionale che può alla lontana ricordare lo stile del nostro Luzzati, voluta astrazione un po' favolistica, tratto semplice per raccontare una storia che di fiabesco non ha nulla.
La Satrapi racconta in prima persona, prima da bambina, quindi da giovane donna, degli eventi che hanno profondamente segnato il suo paese, l'Iran, ma anche il mondo intero. L'autrice non si sofferma in maniera capillare sui fatti storici: così non si parla dell'ayatollah Khomeini o di Saddam Hussein né degli ostaggi nell'ambasciata americana, ma di quello che una ragazza appartenente a una famiglia normale, forse solo più aperta e colta rispetto alla media del Paese, ha potuto soffrire con i cambiamenti avvenuti nella società della sua nazione.

Marjane inizia come una bimba allegra e fantasiosa che parla con Dio, ma gli avvenimenti finiscono col ferirla profondamente perché colpiscono la sua patria, la sua famiglia e lei in quanto donna, essere umano che il nuovo regime tende fortemente a ridimensionare. Le donne della famiglia Satrapi sono evolute ed intelligenti; la madre e la nonna fumano tranquillamente e guidano l'auto, ma sono costrette a piegarsi almeno fuori di casa alla logica del velo ed alle umiliazioni che i guardiani della repubblica, uomini barbuti tutti uguali, infliggono loro in quanto esseri "inferiori".
Si parla di esecuzioni di avversari del nuovo regime (compreso uno zio di Marjane) come anche del pauroso ritorno al passato compiuto dall'Iran, che pure tanto sperava dopo aver abbattuto il precedente scià Pahlavi; tuttavia la scelta dell'animazione, pur puntando comunque dritto agli occhi ed al cuore dello spettatore, mantiene un'aura sospesa: ne sono esempio i dialoghi con la divinità barbuta, i fiori che la nonna mette sempre per sentirsi profumata, che invadono lo schermo e danno per un attimo l'illusione di sentire l'aroma sprigionarsi.

Il viaggio di Marjane da bimba a donna adulta la porta a scontrarsi con due realtà differenti: da una parte l'Iran che passa da Paese filo- occidentale al buio di un conflitto tanto inutile quanto devastante e al clima inquisitorio imposto dalla repubblica islamica, dall'altra l'Occidente, freddo, indolente e altrettanto crudele.
L'adolescente Marjane, messa al riparo dai furori della guerra e dalla sua indole ribelle che la rende una straniera nel proprio Paese, si trova a fare i conti con i coetanei occidentali fatui ed altrettanto distanti da lei. Se l'occidentale biondo che la fa innamorare è visto da Marjane come il "bello" assoluto proprio perché differente, quando la ragazza a seguito di una profonda delusione si accorgerà di quanto lontano sia quel mondo aperto ed al tempo stesso involuto dalle sue idee di ragazza aperta alla vita, noterà una trasfigurazione dello stesso ragazzo, che mostrerà i propri lati peggiori; come un sepolcro imbiancato buono solo ad apparire più che ad essere.

Il pugno nello stomaco che riceve lo spettatore è notevole: le immagini, per niente forti, anzi pacate e dolci, lo inducono a pensare, a riflettere a fondo. Una lezione di storia contemporanea spiegata senza ricorrere a paroloni o immagini ad effetto ma scegliendo per guida una persona tra tante.
Un film da vedere, un'ora e mezza diversa dal solito, dopo la quale le sequenze e le frasi pronunciate nettamente - senza tralasciare qualche termine più colorito - rimangono nella mente, cosa alquanto rara per le pellicole proiettate in questi anni. Onore al merito.

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Recensione a cura di peucezia - aggiornata al 27/03/2008

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