Quattro episodi - molto liberamente ispirati alle novelle del Decamerone originale - che ripetono lo stesso canovaccio in cui un padre accompagna la figlia a Roma per conoscere la famiglia dell'uomo italiano che la ragazza ha intenzione di sposare.
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Woody Allen è uno che riesce sempre a stupire. Stupisce che dopo 50 anni di onorata - e dobbiamo ammetterlo anche se non siamo suoi fan - carriera, il prode Woody riesca ancora a partorire film di cotanta pochezza e sciattezza, probabilmente il suo prodotto peggiore. Si vede che durante le sue vacanzette europee abbia deciso di far tappa forzata in Italia, perchè, dopo aver passato in rassegna Inghilterra, Spagna e Francia, rimane dopotutto quella ridente penisola mediterranea che è definita il belpaese. Un concept di base sembra proprio non esserci, a parte il banale filo conduttore che porta i protagonisti delle quattro storie a vivere un'esperienza fuori dal normale, a volte proprio surreale, per poi tornare all'adorata (?) routine. E non concordo nemmeno con chi dice che è stato fatto il solito ritratto dell'Italia per stereotipi: l'Italia, e gli italiani, non vengono proprio ritratti. Passano sullo sfondo, come turisti che, ammiccando alla telecamera, fanno le foto a una troupe che rimane cmq americana, ma spersonalizzata da qualsiasi caratterizzazione di tipo geografico o culturale. Roma è una cartolina sopra la quale girare, ma ci ha anche rotto tre quarti di pall.e il Colosseo, che insieme a Piazza Venezia e Piazza del Popolo sembra l'unica cosa degna di menzione in Italia. Il film è brutto tutto, ma ricordo la prima mezz'ora come il top della follia: storie che si raccontano di fretta e furia sennò non ce la si fa col tempo, idiozie e discorsi buttati qua e là, messinscene degne di un cinepanettone (queste sì sono un omaggio a noi italiani) e Woody Allen che, nel parapiglia generale, cerca di ficcarci qualche battuta delle sue conservata in un vecchio cassetto, con ancora la puzza di naftalina. Tragedia annunciata quella del doppiaggio di Woody: Leo Gullotta tenta disperatamente di imitare il suo vecchio amico del bagaglino Oreste Lionello, fallendo inevitabilmente. Attori e doppiatori dovrebbero reinterpretare, non interpretare i precedenti interpreti. E' facile a dirsi, lo so, e passi quindi la scusante che il pubblico italiano aveva imparato a conoscere Woody così, con quel fare farfugliante e insicuro; magari qualche spettatore disattento o qualcuno troppo giovane è cascato pure nell'inganno. Nella devastazione totale diciamo che salvo, con sufficienza, due aspetti: le sarcastiche osservazioni di Alec Baldwin - inizialmente il personaggio peggio presentato e più arrangiato - sul carattere di Monica; non che Ellen Page sia riuscita a creare un personaggio a tutto tondo, ma ciò che l'architetto dice di lei, quando sussurra i suoi ammonimenti al giovane allievo, rappresenta un succoso campione delle ragazze chic di oggi: le finto-acculturate tuttologhe che mettono bocca su ogni cosa, ma che di ciascuna di esse sanno solo una nozione, la più inflazionata; Alessandra Mastronardi, di una bellezza semplice, che perlomeno non perde la testa davanti a una telecamera quando deve fare due cose assieme: muoversi e parlare. Stilando un resoconto generale, possiamo dire, senza vittimismi, che questo ventunesimo secolo non è il periodo dell'Italia: non va bene niente; persino quando si tratta delle sue bellezze millenarie, esse non fanno altro che ispirare a un acclamato regista estero il suo peggior film.