Justine e Michael stanno per sposarsi, il ricevimento si terrà nella casa della sorella di Justine, ma proprio in quei giorni un evento catastrofico minaccia la terra ed i suoi abitanti...
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Dopo un film così Von Trier non avrà assolutamente più nulla da dire in futuro. Non aspettava altro che la fine e l'ha avuta. Cinema che stupra con la sinfonica bellezza delle immagini e con l'insostenibile violenza emotiva dei concetti: è lecito tutto ciò? Lo sarebbe se Von Trier fosse davvero coraggioso, invece si limita a spezzare il film in due: la prima parte molto in stile "Festen" ma senza la grossolana caratterizzazione psicologica del film di Vintenberg, in cui la critica al mondo borghese passa attraverso la genesi di una depressione cosmica insanabile e totale; la seconda, tutta incentrata sull'attesa dell'evento tragico, quasi completamente slegata dalla prima, del tutto gratuita per modalità di narrazione e di estorsione di emozioni. Poi la fine delle cose, presuntuosa, lacerante, estremamente plateale e pessimisticamente infantile (il consueto personaggio femminile borderline, una sposa mancata, una sorella torva e monolitica, una fattuchiera stanca di vivere, ci aveva già confermato con precisione euristica che a questo mondo siamo soli e che abbiamo le ore contate). Melancholia ha svolto il suo compito. Come ogni film di Von Trier resto scosso e interdetto, e con un mare di quesiti irrisolti, più sul regista che sul film in sé. Che ha momenti talmente intensi da mozzare il fiato ed altri così fumosi e stizzosamente tristi da suscitare scoramento. Applausi comunque ad una messa in scena incommensurabile e a due attrici eccelse. Un film troppo legato ai conflitti interiori del suo autore per potersi disvelare pienamente, anche nella sua negatività tematica.