Sopravvissuto ad un incidente aereo per la sesta volta in tutta la sua vita, il magnate internazionale Zsa-zsa Korda tenta di ricucire i rapporti con sua figlia Liesl, nel frattempo diventata suora, che non vede da troppo tempo.
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"La morte è dappertutto nell'opera di Wes Anderson, e più di ogni altra cosa nella sua messa in scena, che è primariamente una natura morta. [...] Il protagonista, eroe bastardo, passa l'intero film a fuggire la morte, incarnata in maniera più letterale e in un aldilà in bianco e nero, un Giudizio Universale in cui siedono Charlotte Gainsbourg e Bill Murray" (Marzia Gandolfi). Stralegittimo se si recensisse "Asteroid City", il suo "Settimo sigillo" dove l'amalgama era perfetto e ogni elemento contribuiv'a tale esito, mentre stavolta proprio no. Tropp'i focus centrifughi, dall'anticapitalismo all'irrisolte questioni familiari, e troppo sconnessa la trama che relega in una linea narativa parallela le componenti riguardanti la finitudine. Primi 10 minuti a parte, è lo stesso regista che nei titoli di coda deve chiarire che il suo uso dei piani fissi frontali sono delle nature morte, la comparsa del teschio come "memento mori" è discontinua e occasionale, idem gl'inserti trascendenti alla Paradzanov o alla Powell e Pressburger (almeno qualcuno, Roberto Manassero e Mattia Petrillo, se n'è accorto). Inoltre, e forse per la prima volta, il suo umorismo non è né dark né macabro: è sterile.
Al solito, i primi minuti di film li passi ad esclamare "Wow che stile visivo!", "Wow che scrittura brillante!". Poi però arrivi al minuto 10 e già ne hai abbastanza, anche perché per il resto del film non c'è granché d'altro. Ci sono solo personaggi che parlano a duemila chilometri orari (la morte del ritmo, non essendoci mai un momento in calare), episodi autoconclusivi che si susseguono senza interesse, solo per dare una parte a qualche altra star del cast e nessuna, ma proprio nessuna, relazione umana di cui ti freghi qualcosa. Sta di fatto che il giorno dopo averlo visto non lo ricordo già più. Anderson deve rinnovarsi, non c'è più nessuna sorpresa nei suoi film.
Mi riallaccio al mio commento su "Asteroid city", che potrei anche tranquillamente copiaincollare. Niente da fare, Anderson non ce la farà mai. Evidentemente non ci vuole neanche provare a proporre qualcosa di diverso e sicuramente i suoi fedelissimi saranno soddisfatti così, sia gli spettatori che gli attori. Come si suol dire, contenti loro… Per me però basta, questa volta sul serio.
I colori splendidi e la simmetria delle scenografie, unitamente ad un Cast stellare, mi impediscono il due meno meno (come faceva il mio Prof.) in pagella per quest'opera, priva di una trama degna di nota, noiosissima, del tutto incapace di coinvolgere e appassionare almeno quel briciolo sindacale.