frankenstein (1931) regia di James Whale USA 1931
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frankenstein (1931)

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locandina del film FRANKENSTEIN (1931)

Titolo Originale: FRANKENSTEIN

RegiaJames Whale

InterpretiBoris Karloff, Colin Clive, Mae Clarke

Durata: h 1.11
NazionalitàUSA 1931
Generehorror
Tratto dal libro "Frankenstein" di Mary Shelley
Al cinema nell'Agosto 1931

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Trama del film Frankenstein (1931)

Uno scienziato, Henry Frankenstein, cerca il modo di sconfiggere la morte e creare la vita. Per fare ciò, forma assemblando parti di cadaveri una creatura. Sconvolto e pentito della sua opera, scaccia la creatura, che, disperata, viene colta da una furia omicida. Gli abitanti dei dintorni della dimora Frankenstein allora danno la caccia al mostro.

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Voto Visitatori:   8,04 / 10 (57 voti)8,04Grafico
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Voti e commenti su Frankenstein (1931), 57 opinioni inserite

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Godbluff2  @  18/05/2022 19:58:14
   7 / 10
Ci sono film che nonostante il centinaio di anni circa sulle spalle non sembrano invecchiati di un'ora ("Metropolis" o "M" di Lang "Nosferatu" di Murnau, ad esempio), altri invece si portano dietro tutto il peso dei loro anni. Il "Frankenstein" di James Whale, non la prima ma la più iconica e celebre delle trasposizioni cinematografiche del romanzo di Mary Shelley, è uno di questi; "Frankenstein" sente pesantemente il peso dei suoi anni, anche se soltanto (ma non è poco) da un punto di vista di sviluppo narrativo e sceneggiatura, oltre a qualche perdonabile ingenuità di messa in scena; visto oggi, svuotato da qualsiasi senso di paura, inquietudine e orrore che possa aver provocato nel 1931, purtroppo svela le sue carte di "film di serie B". Con 70 minuti a disposizione si ritrova spesso ad essere frettoloso nel ritmo e negli sviluppi narrativi e alla fine succede che si lascia dietro dei canyon di sceneggiatura, altro che buchi.
Quando il padre della bambina torna al villaggio con il corpo della figlia in braccio (scena di splendida intensità emotiva e visiva, bellissima) sa già che è stata assassinata e parte immediatamente la caccia al mostro... Peccato che nessuno abbia mai visto né dovrebbe nemmeno sospettare l'esistenza di un qualsiasi "mostro"; nessuno sa che esiste, e il padre non può nemmeno asserire logicamente che ci sia un assassino, perché non ha visto niente e nessuno assalire la figlia. La caccia al mostro con torce e forconi del film è costruita sul nulla, in modo completamente aleatorio e gratuito. E questo è il buco più grosso.
C'è poi da fare delle considerazioni sull'iconicità delle soluzioni visive e di alcune idee narrative sviluppate dal "Frankenstein" dell'inglese Giacomo Balena e sul confronto tra l'impatto odierno e quello "originale" del film sugli spettatori delle rispettive epoche: non è affatto difficile, con un poco di immedesimazione, comprendere perché il film possa essere stato considerato spaventoso o disturbante, per immagini e tematiche trattate, in quel 1931; ma è anche indiscutibile come ad oggi "Frankenstein" abbia del tutto perso il pur minimo fascino orrorifico. Arma a doppio taglio la forza iconica della Creatura di Boris Karloff il quale trucco e aspetto fu modellato da Jack Pierce, che diede alla Creatura di Mary Shelley quello che resta tutt'oggi il suo aspetto più classico, riconosciuto, definitivo. Impressionante, nel 1931; abusata e sfruttata a tal punto, oggi e da ormai molti anni, da far risultare la creazione di Frankenstein un vecchio amico simpatico e sfortunato al quale si vuol bene. Complicato recuperare la sensazione di terrore grottesco che il mostro doveva provocare quando apparve sullo schermo le prime volte oggi che, oltre alla calcolata pietà, si prova anche sincera simpatia per questo personaggio.
Tra l'altro essere cresciuti con le ripetute visioni di "Frankenstein Jr." non è esattamente d'aiuto nel cercare di guardare seriamente questo film e i suoi primi due sequels. La gag dei cervelli, ad esempio, esiste anche qui ed è veramente una gag, anche nell'originale. Wow.
Però, le idee sviluppate per questo film ne fanno effettivamente una pietra miliare del genere horror. Lo scienziato pazzo e i suoi esperimenti, l'assistente gobbo, il laboratorio nel cupo castello, sono topoi che da qui in poi diventeranno ricorrenti nel cinema horror per anni e anni a seguire. E il make-up della Creatura è tutt'oggi strepitoso nell'effetto. La Creatura è bella a vedersi (si fa per dire) ancora oggi ed è ben evidente il motivo della sua forza iconica e del suo successo, per quanto paradossalmente quel successo le abbia tolto la sua parte orrorifica.
Quello che, seppur con una narrazione frettolosa e zoppicante, il film di Whale racconta bene e che resta saldo ancora oggi, è la parte incentrata sulla compassione per la figura del "mostro".
La caccia al mostro, il terrore istantaneo e immutabile che la Creatura provoca, per le implicazioni portate dalla sua stessa nascita e per il suo aspetto, in tutti coloro che lo vedono (e a quanto pare anche in coloro che non lo vedono, vedi l'intero villaggio) e che lo bollano come mostro assassino senza possibilità d'appello, vengono tutte dal terrore del diverso e ancora di più dell'ignoto. Si tratta di tematiche fondamentali nel romanzo della signora Shelley e che Whale tenta di rendere al meglio delle sue possibilità. Questo aspetto, visionando il film al giorno d'oggi, diventa predominante e centralizzante in questo "Frankenstein".
La paura è scomparsa, ciò che resta è la pietà e l'empatia verso una Creatura che con gli occhi di oggi appare chiaramente solo e soltanto come una vittima: vittima di un pazzo che aspira ad essere un dio, vittima del terrore degli uomini, vittima degli eventi, vittima persino di se stesso e, infine, pure vittima della sfìga (vedi gag dei cervelli e, in quest'ultimo punto e non solo, non è affatto ironico dire che il film di Brooks, più un omaggio che una parodia, abbia analizzato la questione più approfonditamente, ma se ne riparlerà).
La Creatura evidentemente non agisce mai, nemmeno per un secondo, per malvagità. Può reagire violentemente al bullismo e alla ottusa crudeltà dell'assistente gobbo Fritz, agisce con violenza solo spinto dalla paura o, addirittura, dalla totale inconsapevolezza (vedi sequenza della bambina). Non trasmette che solidarietà e tristezza. Un aspetto presente molto chiaramente nel film ma che, negli anni, ha preso il sopravvento totale sul resto. I mostri, qui, sono tutti gli altri, non il povero cadavere rianimato.
Altri aspetti irritanti del film: lo scambio di nomi. Henry Frankenstein ? E chi càzzo sarebbe Henry Frankenstein ? E perché è l'altro tizio a chiamarsi Victor ? Quale diavolo di motivo avrà mai spinto produttore, regista, sceneggiatore a non chiamare Frankenstein con il suo nome ? Quanto mi ha dato fastidio 'sta cosa non è quantificabile. Naturalmente ha poco a che vedere con la qualità effettiva del film, però, davvero, fastidioso.
C'è però un aspetto nel quale "Frankenstein" non soffre affatto il peso del tempo. L'aspetto visivo, scenografico, estetico. Figlio devoto dell'Espressionismo tedesco del decennio precedente, freschissimo nella memoria, ne richiama appassionatamente influenze di messa in scena scenografica e atmosferica, di costruzione delle inquadrature e di uso degli ambienti attorno agli attori/personaggi, oltre che nell'uso dell'illuminazione e delle ombre. E qui "Frankenstein" rivela il suo volto migliore, conservando immutato il suo fascino estetico da "espressionismo americano", oscuro e degno delle atmosfere orrorifiche tanto in voga nella letteratura del secolo precedente. Tanto è oggi ingenuo per certi aspetti (tenerissima l'introduzione "d'avvertimento") quanto resta visivamente di splendida efficacia. Paura no, fascino estetico si, sotto questi aspetti. Il lavoro di Whale nella costruzione di queste scene e di queste ambientazioni (Whale ebbe grande controllo sulla realizzazione del film) è assolutamente encomiabile.
Inoltre il suo "Frankenstein", pur invecchiato male da certo punto di vista, è più godibile e risulta meno ridicolo del "Dracula" di Browning uscito nello stesso anno, in parte grazie a una prova di Karloff che si è mantenuta più efficace nel tempo, così come la figura stessa della Creatura è rimasta più granitica e immutabile rispetto a quella ormai stereotipata e del tutto superata del Dracula di Lugosi, in parte anche grazie alla splendida messa in scena e al lavoro scenografico e fotografico.
Invecchiato faticosamente, privato della sua capacità di far provare paura e sgomento e con aspetti evidentemente "di serie B", questo film non ha comunque cessato di essere nel complesso godibile e per certi aspetti molto ben realizzato (per altri, l'ho detto, proprio no), né è privo di quel certo fascino da vecchia pietra miliare di un intero genere.
Il lieto fine, pur molto forzato, era necessario per lasciare la porta aperta ad eventuali seguiti, arrivati puntualmente visto il successo del film che diventò un titolo di punta della Universal.

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