Recensione last night (2010) regia di Massy Tadjedin USA, Francia 2010
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Recensione last night (2010)

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locandina del film LAST NIGHT (2010)

Immagine tratta dal film LAST NIGHT (2010)

Immagine tratta dal film LAST NIGHT (2010)

Immagine tratta dal film LAST NIGHT (2010)

Immagine tratta dal film LAST NIGHT (2010)

Immagine tratta dal film LAST NIGHT (2010)
 

Bisogna riconoscere che Stankey Kubrick colse nel segno, quando scelse un'ambientazione contemporanea per il suo "Eyes wide shut" tratto da "Doppio Sogno" di Schnitzler. Lo sceneggiatore Raphael ebbe a manifestargli perplessità, relativamente alla trasposizione nella New York di fine secolo di un romanzo ambientato nella Vienna dei primi del Novecento. Oggi le coppie si tradiscono e si lasciano senza troppi complimenti: le problematiche matrimoniali sarebbero cambiate profondamente, come le dinamiche di coppia. "Non sono così sicuro", obiettò Kubrick.

Ci vedeva giusto, il grande maestro, se è vero che oggi, nel 2010, ci vengono proposte – con questo film scritto e diretto dalla giovane esordiente Massy Tadjedin (di origine persiana, ma nata e formatasi negli Stati Uniti) – le stesse problematiche da cui partiva Kubrick nel suo ultimo capolavoro.

La regista Tadjedin ha riconosciuto delle analogie tra l'impianto drammaturgico del suo film e quello di "Eyes wide shut". A nostro avviso le analogie sono molteplici, e non si limitano allo sviluppo della trama, ma investono anche le implicazioni dei temi di partenza (gelosia in ambito coniugale, tentazione di tradire, reminescenze che solleticano la fantasia, e i meccanismi psicologici per cui proprio la gelosia dell'altro può indurci in tentazione).

Fatta la debita premessa che i due film sono molto lontani per stile e sensibilità, resta forte la sensazione che specie i primi venti minuti di "Last night" si svolgano sulla falsariga di "Eyes wide shut". Il film si apre con una coppia sposata (Joanna e Michael) che si sta preparando, nel suo appartamento di Manhattan, per andare a un ricevimento; una volta lì, Joanna (Keira Knightley, che fornisce, misurata e intensa, un'altra delle sue splendide interpretazioni – purtroppo parzialmente deturpata dal doppiaggio italiano) si accorge delle attenzioni che il marito Michael (interpretato dall'australiano Sam Worthington, reso celebre da "Avatar") riceve da Laura (Eva Mendes, fisico e volto giusti per rappresentare la femme fatale di turno), una donna che da mesi viaggia molto insieme a lui per lavoro, senza che Micheal ne abbia mai fatto cenno alla moglie.

La gelosia di Joanna si manifesta quando i due tornano a casa (proprio come succedeva nel film di Kubrick, è esaltata dall'alcool).

Quindi, l'azione si sposta al giorno seguente: Michael parte per Philadelphia insieme a Laura e a un altro collega, Joanna rimane sola in casa, alle prese con un suo blocco creativo di scrittrice.

Per tutto il resto del film, assisteremo alle vicende della notte seguente. In un montaggio alternato gestito con maestria, seguiremo da un lato il gioco di seduzione innescato da Laura su Michael, nel quale la gelosia della moglie giocherà un effetto importante, mentre dall'altro seguiremo la ricomparsa nella vita di Joanna di un suo ex, il mai dimenticato Alex (interpretato da un appassionato Guillaume Canet).

Non andremo oltre, nello svelare i dettagli della trama.

Il film ha un impianto molto "di sceneggiatura": si regge sui dialoghi, davvero ben scritti, sul disegno dei personaggi (più interessanti quelli di Joanna e Alex), e sulle convincenti interpretazioni del cast. L'autrice della sceneggiatura è la stessa Tadjedin, che qui è alla sua prima prova come regista, ma di sceneggiature ne ha già scritte.

Per le atmosfere, il milieu sociale, e per una certa somiglianza nelle psicologie di alcuni personaggi, il film ricorda "Two lovers" (2008) di James Gray, film che ruota attorno a dubbi ed incertezze di un uomo che deve sposarsi, di fronte alla comparsa di un'altra donna nella sua vita.

"Last night" è un film esile solo in apparenza, ma si regge su di una sceneggiatura tutt'altro che banale, e su una regia che si tiene a distanza dalle convenzioni narrative più commerciali, per accostarsi – a metà tra commedia e dramma – all'intimità dei personaggi, colti in momenti di esitazione in cui la fasatura dei rapporti di coppia diventa unità di misura delle proprie (in)certezze esistenziali.

Percepiamo una lontana eco pure di Rohmer. Anche se quasi del tutto priva della sottile ironia del compianto maestro francese, questa pellicola svela il potenziale drammatico delle nostre frivolezze insieme all'assoluta frivolezza dei nostri drammi interiori. In "Last night" ritroviamo il rapporto tra il caso e la scelta; l'ostinazione di certi personaggi a non cedere agli istinti pur di mantenere fede ai propri principi; dialoghi o monologhi autoreferenziali su come si è, o si vorrebbe essere. Un tocco di mordace ironia non avrebbe guastato, per demistificare la seriosità eccessiva rispetto alla consistenza delle vicende.

La regista ha ammesso che un'altra fonte di ispirazione è stato il "Breve incontro" di David Lean, film del 1945 in cui un uomo e una donna, entrambi sposati, non arrivano mai a dare sostanza alla loro relazione, mantenendosi sempre sull'orlo dell'adulterio senza mai consumarlo.

Insomma c'è sicuramente molto, forse troppo cinema, in questo "Last night". E' il suo limite – insieme a quello di raccontare vicende risapute. D'altra parte però, sì, Kubrick aveva proprio ragione: fedeltà e tradimento, gelosia e tentazione conservano un valore inalterato nel tempo, nel definire l'identità di una coppia. Anche le dinamiche che si innescano seguono percorsi universali: e celano, dietro ogni svolta del racconto, le stesse inquietudini e le stesse domande.

La bravura della Tadjedin consiste – oltre che nella maturità con cui ha diretto gli attori – nell'originalità con cui ha saputo immergere il suo film in atmosfere molto dense, che assorbono lo spettatore, mettendolo in condizione di intercettare ogni cenno e cogliere ogni sfumatura.

Giova molto la scelta di avvolgere il film, dall'inizio alla fine, in una suadente musica di piano. Particolarmente originale, a riguardo, il costante sottofondo pianistico che tiene insieme le sequenze iniziali, il che contribuisce non poco a calare sin da subito lo spettatore nell'interiorità dei protagonisti.

E' più grave il tradimento fisico rispetto a quello interiore? E' tanto diversa, nei suoi effetti, l'attrazione fisica per una nuova collega, rispetto a un amore mai dimenticato? E' più grave la leggerezza della tentazione o la persistenza di un diverso sogno di vita?

Sono domande che il film lascia aperte, avendo il merito di non fornire chiavi di lettura univoche o moraleggianti. Consente invece, a ciascuno, di cogliere quelle sfumature a noi più vicine, identificandoci più in uno o più in un altro personaggio, senza stigmatizzare le debolezze di nessuno.

La sensibilità dell'autrice tiene insieme un film che pulsa sottotraccia, sotto la superficie degli eventi, attento alle sensazioni più sussurrate quanto a quelle più manifeste.

In un film incentrato su tematiche quanto mai universali, merita considerazione la relativa "novità" costituita da un personaggio – quello di Alex – esempio contemporaneo di uomo romantico: sensibile ma sprovveduto, sicuro di sé ma anche immaturo e superficiale. Come si è espresso il suo interprete Guillaume Canet, il rapporto fra uomo e donna è oggi più paritario, ma l'uomo è spesso un "uomo-bambino". Non meno "bambino" è il Michael di Sam Worthington (che possiede il volto perfetto per restituire la prevalente passività di carattere).

Né gli uomini né le donne, in questo film, escono dalla "notte scorsa" uguali a prima. Tutti hanno maturato una consapevolezza: ma se la "coppia" costituita da Michael e Laura vive una vicenda in fondo banale, su Joanna (e su Alex) la notte ha lasciato il segno di sentimenti intensi e contrastanti, al cui dilemma non è concessa via d'uscita. Un cenno melodrammatico chiude la loro vicenda, senza stonare, in un film che punta anzitutto a essere uno specchio per chi lo guarda. Ci invita a guardarci senza maschere: amplifica i nostri dubbi, e assottiglia le nostre certezze.

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Recensione a cura di Stefano Santoli - aggiornata al 29/10/2010 16.16.00

Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell'autore e non necessariamente rappresenta Filmscoop.it

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