Un sassofonista, dopo aver ricevuto da uno strano individuo cassette in cui viene ripreso in casa sua durante la sua vita quotidiana, viene accusato dell'omicidio della propria moglie. Ma, una volta in carcere, si trasforma in un'altra persona, che viene scarcerata e inizia una vita in qualche modo parallela a quella precedente...
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I primi venti minuti sono da 10: inquietanti, onirici, visionari, insomma distillato puro di David Lynch. Per intenderci, ai livelli di “Mulholland Drive” e “INLAND EMPIRE”. Il resto del film è bellissimo, ma comunque non unico. Se lo avessi visto prima di “Mulholland”, gli avrei dato un 10 senza problemi, ma conoscendo il potenziale di questo regista nonché i capolavori che firmerà poi successivamente, non voglio esagerare. “Strade perdute”, oltretutto, è la prosecuzione naturale del processo iniziato con “Eraserhead” e, in particolare, il primo film ad avere distintamente la struttura di una fuga musicale. “Stare dietro” ai fatti è relativamente facile e, con un po' di attenzione, si potrà capire la vicenda già alla prima visione. Con i due capolavori successivi, Lynch, supererà sé stesso realizzando films molto più complicati ed infinitamente più belli. Ma dopotutto, quando si fissa un primato, il superamento dello stesso è naturale ed ovvio. Splendidi anche titoli di testa e di coda, oltreché l'epilogo incredibilmente intenso e decisamente chiarificatore.