Geppetto, un vecchio intagliatore, riceve un pezzo di legno perfetto per il suo prossimo progetto: un burattino. Una volta terminata l'opera, accade qualcosa di magico: il burattino prende vita e inizia a parlare, camminare, correre e mangiare, come qualsiasi bambino. Geppetto lo chiama Pinocchio e lo alleva come un figlio. Per Pinocchio, però, non è facile essere un bravo bambino: lasciandosi portare facilmente sulla cattiva strada, capitombola da una disavventura all'altra in un mondo popolato di fantasiose creature. La sua più cara amica, la Fata Turchina, cercherà di fargli capire come il suo sogno di divenire un bambino vero non potrà mai avverarsi fino a quando non cambierà modo di vivere.
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Mh, boh, mah, cioè sì, caruccetto come ennesimo adattamento di una storia che a furia di sentirla, risentirla, vederla e rivederla ci è uscita fuori dalle orecchie. Il punto è che secondo me è tutta poggiata sul mestiere suo come regia, per il resto l'ho trovato nient'altro che un compitino ben infiocchettato ma tutto lì, a 'sto punto mi rivolgo ad attamenti meno fedeli ma più personali (il Pinocchio Disney) e all'inarrivabile sceneggiato di Comencini (lì vabbè, c'è da togliersi il cappello sia per l'impronta neorealista sia per le musiche splendide). Questo rimane nel mezzo, finisce per non brillare nè in positivo nè in negativo, secondo me.
Comunque bellissima la scenografia polverosa del palazzo della fata bambina (oh, finalmente una vera bambina ad interpretarla) Malissimo le figure di grillo, giudice e maestro, eccessivamente grottesche da rasentare il fastidioso per me.