Geppetto, un vecchio intagliatore, riceve un pezzo di legno perfetto per il suo prossimo progetto: un burattino. Una volta terminata l'opera, accade qualcosa di magico: il burattino prende vita e inizia a parlare, camminare, correre e mangiare, come qualsiasi bambino. Geppetto lo chiama Pinocchio e lo alleva come un figlio. Per Pinocchio, però, non è facile essere un bravo bambino: lasciandosi portare facilmente sulla cattiva strada, capitombola da una disavventura all'altra in un mondo popolato di fantasiose creature. La sua più cara amica, la Fata Turchina, cercherà di fargli capire come il suo sogno di divenire un bambino vero non potrà mai avverarsi fino a quando non cambierà modo di vivere.
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Il Pinocchio di Garrone rappresenta forse la trasposizione più fedele all'opera Collodiana, ma sicuramente quella meno sostanziosa ed emozionale di sempre. Il tutto è trattato in maniera pregevole, maniacale: i costumi da soli sono un plauso enorme, le interpretazioni sono tutte ben impegnate e la fotografia è il grande tocco tipico del regista. Ciò che manca però è l'impegno, Garrone ci ha messo zero di suo a parte la scenografia, tutto il resto rimane freddo, basilare, piatto. Dopottutto, il mio errore è stato che speravo potesse almeno rappresentare una visione un po più rielaborata per adattare la favola in un contesto cinematografico più odierno, per differenziarsi dalle precedenti, eppure eccola qua, c'è tutto, meno ciò che avrebbe dovuto essere