Adattamento del classico di Dickens: l'orfanello Oliver fa amicizia, nelle strade di Londra, con un ladruncolo e da questo viene instradato a far parte della famiglia di ladri addestrati dal perfido Fagin.
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Il grande difetto dei romanzi di Dickens è l'eccessivo buonismo di fondo, l'incapacità prosistica che, da spunti potenzialmente ottimi, non riesce a scollarsi una patina di pietismo e patetismo che svilisce regolarmente il risultato. Sì, insomma, i vari David Copperfield e Oliver Twist, o anche il Canto di Natale, l'intera produzione narrativa di Dickens risulta essere una grande incompiuta. Polanski, navigatissimo narratore che ha affrontato i generi più disparati, invece, la completezza nella realizzazione d'un'opera ha dimostrato più volte di possederla. Libero dai vincoli che costringevano Dickens, che i suoi romanzi li scriveva a puntate, a forzare spesso la mano per mantenere alta l'attenzione d'un pubblico che all'epoca nulla di meglio cercava della lacrima facile, Polanski si permette una sorta di fedele reinterpretazione della fonte. All'inizio il regista pare cascarci, sembra davvero riprodurre in maniera piatta e fedele l'opera nei suoi pregi e nei suoi difetti, ma poi la storia s'evolve, ed emergono nuovi pregi di cui l'originale difetta. Dickens scriveva libri potenzialmente devastanti per la loro tristezza, pregni d'un senso di disperazione opprimente che doveva colpire il lettore, ma che regolarmente mancava il bersaglio per il pietismo insistito che si trovava. Questo film invece a tratti diventa insostenibile allo sguardo, soffocante per la sua pesantezza, per la cappa che sovrasta lo spettatore opprimendolo per la consapevole ineluttabilità del destino del giovane orfanello. Ma andando oltre questa capacità narrativa che sa colpire forte, chiara e netta nella sua volutissima semplicità, tutto pare curato nei minimi dettagli. Caso eccezionale, è ottima la prova di tutti i giovanissimi attori, non solo del protagonista, per non parlare poi d'un consumatissimo (in tutti i sensi) Ben Kingsley che rispolvera le interpretazioni dei tempi migliori, ma è perfetta anche la rappresentazione londinese, in tutta la sua sporcizia ed in tutti i suoi contrasti, che va oltre i fuligginosi stereotipi fino a permetter allo spettatore di toccar con mano il suo realismo. Quest'Oliver Twist strabatte su tutta la linea il libro da cui è stato tratto, perché a differenza di Dickens Polanski riesce a trasmettere un senso fiabesco alla storia che le da' quel tocco in più, quella magia capace di smuovere una comunione di sentimento tra lo spettatore ed il protagonista. Film magico.