Un enorme squalo bianco terrorizza una località marittima sulla costa atlantica degli Stati Uniti, seminando la morte tra i bagnanti. Un poliziotto del posto gli darà la caccia con l'aiuto di un pescatore e di un oceanografo.
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La tranquilla isola di Amity, la vita che scorre placida tra mare, sabbia e sole, gli affari, gli albergatori che pensano solo alla stagione turistica (e quindi ai quattrini), il sindaco che ha più a cuore gli affari che la vita delle persone: radiografia della società statunitense. Il lato politico in questo film di Spielberg c'è, per quanto solo superficialmente. Il centro è la lotta dell'uomo con l'animale (e la natura), l'ancestrale tentativo dell'uomo di dominare sulle più brute forze animalesche che ne mettono in pericolo la vita. Tema antico quanto l'umanità. Notevole il crescendo epico, l'utilizzo molto realistico del "mostro" (più di quanto non lo siano film simili oggigiorno), la gestione del sonoro, il climax dello scontro con l'uomo che si riafferma spietato cacciatore di morte. Certo, oggi la figura dell'oceanografo non sarebbe scritta come pronta a far fuori l'oggetto del proprio studio. Ma si sa, i film sono anche figli del loro tempo. E naturalmente c'è anche spazio per i soliti 5 minuti di menata retorica spielberghiana sull'eroe di guerra. Un'opera che nel suo genere ha decisamente segnato un punto di riferimento (e lo è tuttora). Nella storia del cinema per quanto mi riguarda la sua importanza cala non poco.