Sopravvissuto ad un incidente aereo per la sesta volta in tutta la sua vita, il magnate internazionale Zsa-zsa Korda tenta di ricucire i rapporti con sua figlia Liesl, nel frattempo diventata suora, che non vede da troppo tempo.
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Ormai attorno a Wes Anderson c'è una campagna di denigrazione ufficiale, una levata di opinioni all'urlo di "a morte l'autore". O qualcosa del genere. Insomma, Wes Anderson fa film tutti uguali e ha stancato. Ma sarà vero? Oppure il suo stile sembra sempre uguale perché è l'unico ad usarlo e prima di lui non c'era mai stato niente del genere? Fatto sta che il regista è probabilmente l'unico che non si chiede "ma perché faccio film così, con questo stile, con queste musiche e con questo tipo di scrittura?". Forse sarebbe il caso di concentrarsi su qualcos'altro per capirli, i suoi film.
THE PHOENICIAN SCHEME racconta qualcosa di diverso dalle precedenti opere dell'artista. Racconta di un personaggio già fatto e finito caratterialmente, che non ha dubbi sul suo futuro, su quello che deve fare e che non ha fantasmi che lo tormentano. Un uomo granitico, che guarda avanti e che sa come deve comportarsi. Il vero uomo capitalista: ampia progenie, pochi hobby, scatti di ira educativa (scena dell'insetto a tavola), orgoglio, moralità a convenienza. Wes Anderson utilizza l'essere multimiliardario e del suo scopo nel mondo, aldilà del periodo storico scelto, che come al solito ha il fascinoso gusto retrò e vintage degli anni 50-60.
Questo scopo nel mondo è quello di colonizzare con la civilizzazione occidentale i paesi stranieri o forse è quello di unire i popoli o addirittura il mondo. Forse è veramente quello di migliorarlo (ma senza schiavi). O forse semplicemente questi ultra-ricchi sono parte di un qualche flusso più grande e si muovono senza che neanche loro sappiano il perché. Due ostinazioni che si scontrano finché non viene creato qualcosa di enorme.
C'è dell'induismo o buddhismo (o qualunque sia la filosofia religiosa di Anderson) anche qui, nonostante il tema del racconto sia l'emblema dell'anti-spiritualità, tra cospirazioni politiche e finanziarie.
Non è facile empatizzare con questo tipo di personaggi, nonostante Benicio Del Toro sia perfetto e nonostante sia molto di moda parlare dei miliardari, ultimamente. E' molto carina l'idea delle varie tappe in cui chiedere prestiti ad personam, che formalizza ulteriormente la schematizzazione estetica del regista. Però non tutti questi scenari sono memorabili, anzi sono molto poco esuberanti e caratterizzanti, purtroppo, a parte forse gli interni del locale di Marseille Bob, strutturato come il classico locale notturno dei film di gangster, e il Desert Oasis Palace che rappresenta un po' l'idea di appropriazione culturale americana e la loro cultura del pop.
Perfetta, come al solito, la costruzione simbolico-stereotipica dei personaggi, dalla figlia, al fratello, passando per l'agente segreto. Peccato per chi non può fare a meno di vederci un "solito film di Wes Anderson". Non sembra essere minimamente un film "francesino" senza niente da dire. Per tutti gli altri, la visione è beatificante come al solito.
Anderson sempre impeccabile nella forma, maniacale nei dettagli, eppure non riesce a venirne fuori. Questa Trama Fenicia sembra un tentativo di diversificare senza rinunciare a quello che è stato nel suo vissuto. Un trama che richiama le vecchie spy story ed un magnate, vittima di tanti tentativi di ucciderlo che occhieggia ad altrettanti magnati wellsiani. Il film si riesce a seguire bene, diviso in queste cinque tappe che costituiscono il piano per colmare il gap e prendere via al tanto agognato progetto. La chimica tra Del Toro e la Threapleton è buona, ma francamente mi sto disamorando di questo regista.
a caldo ne scrissi "Il nuovo film di wes Anderson è un Dottor Stranamore con la comicità della Pantera Rosa, ma all'ennesima potenza wesandersoniano. La storiella è semplice ad episodi consequenziali, si gode dell'estetica, si sorride (e ride) molto e ha tutto per diventare un cult x i suoi fan. Finale ahimè debolino altrimenti veniva fuori un votazzo." A una settimana dalla proiezione cinematografica, rimane la memoria di un divertimento condiviso con il cast. Eh si, durante la visione si ha la sensazione che a divertirsi per primi siano gli attori (solito cast stellare super figo e iconico) e così quando i dialoghi sono illuminati e la trama simpatica, le caratterizzazioni, le inquadrature e la fotografia di wes anderson (se piacciono) sono un piacere assoluto. Film che è come una carezza, un abbraccio, capace di farti stare bene con intelligenza; se ami questo stile e imperdibile. Aihmè, come già detto sopra,... il finale è debole e anche se la cena è ottima, se il dolce non è buono, il gusto che ti rimane è quello dell'ultima portata. Peccato
Dal punto di vista estetico siamo di fronte al consueto capolavoro visivo e di stile di Wes Anderson su cui veramente non vale la pena spendere parole tanto sono sempre le solite cose che si dicono. Mi ritrovo però a ripetermi anche su altro detto per le ultime opere del regista del regista texano, cioè che gli schemi e le situazioni gira e rigira sono sempre quelle dei precedenti film e la sensazione di déjà vu è dietro ad ogni fotogramma. Qualcosa di nuovo a livello narrativo Anderson prova pure a crearlo ma il tentativo è piuttosto goffo e riuscito solo in parte. Non c'è più la magia di "Moonrise Kingdom" e "I Tenenbaum" (i due film che più ho adorato di Anderson) e la visione risulta fredda e povera di emozioni, nonostante il tema di un rapporto padre-figlia da ricucire, e la parata di attori famosi è lontana dall'essere una vera prova corale. "La Trama fenicia" è un film consigliato solo agli amanti del cinema di Anderson, quelli che trovano nella sua estetica maniacale un'avvolgente comfort-zone e che adorano le situazioni e i personaggi bizzarri.