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C'è da rimanere secchi dopo la visione di questo "horror-mentale". Estremamente angosciante, mai visto qualcosa del genere... Lynch mette in discussione l'arte o meglio la "visione del reale": una visione cinematografica o televisiva, ma che contiene sempre una "realtà" a sè stante, tangibile, che nel momento in cui viene sfiorata svanisce o rifugge in altri mondi, universi con identità differenti in una sorta di scatola cinese infinita e tormentosa. Questà visione/verità pare esista in due tipologie: una visione bassa (televisiva) che da l'impressione che il mondo circostante sia più vicino, una visione alta (cine-artistica) che da l'impressione di una visualizzazione del mondo lontana e quindi più chiara. Ma in verità è possibile che una semplice immagine fissa, un solo scorcio ci dia più possibilità di un infinito, invece che da un puzzle di impressioni, proprio per l'"unità universale" di concetti, ideologie, pensieri e persone, inutilmente alla ricerca di qualcosa di complementare con noi stessi, quando in realtà siamo proprio noi che giochiamo con ciò che di vuoto c'è nella nostra mente. Ci divertiamo a riempirlo inventando mali da sconfiggere, riflessi deturpati di noi stessi: falsi nella misura in cui sono l'opposto di noi stessi e veri nella misura in cui li creiamo noi. La completezza sta nel sapere che si può partire dall'infinito per arrivare a uno, come che si può partire da uno per arrivare all'infinito. La vera liberazione, l'esplosione/accettazione del reale (che esista o non esista non importa, sappiamo solo che imprimerlo nella nostra mente è possibile ed è la cosa più semplice) che c'è anche in Eraserhead, sta nel "deformalizzare" la ricerca rendendola propria e facendone tesoro. E' impossibile consegnarla agli altri: il percorso è personale come il film che Lynch ha realizzato. Si può essere solo testimoni.