Un cavaliere torna dal campo di battaglia solo e trova ad attenderlo una terra devastata dalla peste, e la Morte che lo reclama. Riuscirà a prolungare la propria esistenza impegnando la Mietitrice in una lunga partita a scacchi che sa di non poter vincere.
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Dal film si ricava un'immagine della Morte a tratti inquietante, a tratti inaspettatamente umoristica: nel momento in cui dichiara che la Morte non può essere ingannata, è proprio ingannata. Ma la cosa che colpisce di più di questa Morte è che, come dice proprio lei stessa, non ha misteri. Infatti è solo un passaggio, nulla di più, una linea divisoria, il mistero vero è l'esistenza di Dio e di Cristo, forse veri protagonisti dell'intero film. Bergman non si preoccupa di fare un affresco storico realistico della sua Svezia, ma di porre il parallelismo, grazie anche a un bianco e nero fuorviante e fuori dal tempo, con ciò che stava accadendo nel mondo in quel momento: la Guerra Fredda, un periodo in cui la paura della morte si poteva toccare con mano. Bergman ci dice che di tempo ne abbiamo per riflettere e capire ed è inutile negarlo.