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Provo a formulare la mia opinione a riguardo, scevro da tutti i commenti qui riportati e dalla patina leggendaria di questo (ottimo) affresco di Leone: l'obiettivo di realizzare il film "definitivo" c'è, ma ho l'impressione che non tutto vada esattamente come tramandano le grandi ambizioni di Leone. Il primo tempo è straordinario, roba da antologia del cinema Mondiale, la lezione di Griffith e di Hawks viene splendidamente aggiornata in un'ambientazione formidabile, che non deve affatto qualcosa al bel film di Forman ("Ragtime") cui è stato spesso prevedibilmente accostato. Le interpretazioni restano straordinarie, soprattutto Noodles-De Niro, l'ineffabile Woods e il sempiterno Aiello. Resta un dubbio sulla stilosità dell'intera vicenda, sulla grandissima cura formale di Leone che a tratti sfiora (lo so che è volontario) l'accademismo. La bellezza di "C'era una volta in America" sta tutta nel grande tributo al cinema Classico, e nella spettacolarizzazione di ogni forma morale (anche la piu' deleteria? si direbbe di sì) ma, mentre la splendida musica di Morricone pervade (o per meglio dire "invade") la storia, è necessario chiedersi quanto sia necessario che ogni singola sequenza, ogni strumento emotivo (tipo la celebrata sequenza della fumeria d'oppio) debba ad ogni costo essere sottolineata ed enfatizzata dal ricorso poetico ad ogni costo: l'agiografia romanzata l'escalation "epica" di due gangsters non è esattamente cio' che intendo tra confine morale e Grande Fiction Cinematografica, e vale per Leone come per l'amatissimo Scorsese. Ciò nonostante, le quasi quattro ore di proiezione contengono momenti di grandissimo cinema, accanto ad altri che, piuttosto, vengono opportunamente incentivati, e (appunto) spettacolarizzati.