Un percorso misterioso, dove la realtà si confonde con il mistero, il sogno, l’amore, la morte... Una macchina procede lentamente nella famosa Mulholland Drive con a bordo una bruna fatale. La donna non è sola, qualcuno le sta puntando addosso una pistola. Ma il destino è più veloce, dalla direzione opposta, spunta un bolide che travolge la vettura.
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In effetti è decisamente sconvolgente (anche se io ero già piuttosto sconvolto in partenza), tuttavia risalta più sconvolgente la banalità della realtà rispetto alla follia del sogno. Anzi, l'interpretazione che gli avevo dato prima di leggere il commento di Banchelli era proprio basata sull'intersezione frenetica del mondo reale con quello fantastico, dove si potrebbe (restando nel surreale) adattare il "mondo reale" come quello degli attori come VIP che festeggiano al party mentre il "mondo fantastico" viene a rappresentare (sottoforma di sogno) quello che in realtà è il cinema, ovvero una distorsione funzionale della realtà, quindi tutti gli eventi sognati-inventati da Diane/Betty e dove tutti gli "attori" recitano la loro parte. Se ponessimo questi come punti focali, la rappresentazione o la giustificazione degli eventi come reali o immaginari scenderebbe in secondo piano lasciando spazio alle simbologie celate dalle evidenze come, ad esempio, l'inevitabile avverarsi dei presentimenti e delle paure (vedi l'uomo del bar ossessionato dall'incubo), come l'ambiguità e l'opacità d'animo di chi popola quel mondo e si ricicla sempre e sempre (vedi Camilla prima lesbica poi etero, vedi gli attori viscidi vecchi e lampadati, vedi i registi che parlano a comando come strumenti nelle mani dei produttori). Non a caso, se vogliamo esagerare, gli unici personaggi "limpidi" nella loro cattiveria o inutilità sono l'assassino, la tizia con cui Diane ha scambiato l'appartamento e il tipo moro con l'incubo del bar (che muore di paura)... personaggi di contorno, sicuramente, ma che rappresentano il legame con la VERA realtà: quella al difuori di Holliwood. In sostanza un insieme di eventi atti a creare una storia che non sia ne reale nè fantastica ma entrambe le cose...anzi, una storia in cui non conta tanto la realtà degli eventi, quanto il loro senso reale (minchia che giro che sto facendo!) nel mondo reale...il mondo dell'assassino, per intenderci. La mia era un'interpretazione piuttosto semplicistica: rimanevo sul surreale come strumento diretto per denunciare il lercio mondo di fate che si chiama Holliwood...insomma, non è un caso secondo me che il mondo rappresentato sia effettivamente quello di attori, registi, produttori e mafiosi. Questa era la mia opinione.
...poi, però ho letto il commento di Banchelli e mi sono chiesto: <<che faccio, la dico o non la dico? Massì, diciamo 'sta ******* e vediamo che succede!>>.