l'albero degli zoccoli regia di Ermanno Olmi Italia 1978
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l'albero degli zoccoli (1978)

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locandina del film L'ALBERO DEGLI ZOCCOLI

Titolo Originale: L'ALBERO DEGLI ZOCCOLI

RegiaErmanno Olmi

InterpretiLuigi Ornaghi, Francesca Moriggi, Omar Brignoli, Antonio Ferrari, Teresa Brescianini, Giuseppe Brignoli, Carlo Rota, Pasqualina Brolis, Massimo Fratus, Francesca Villa, Maria Grazia Caroli, Battista Trevaini, Giuseppina Langalelli, Lorenzo Pedroni, Felice Cervi, Pierangelo Bertoli, Brunella Migliaccio, Giacomo Cavalleri, Lorenza Frigeni, Lucia Pezzoli, Franco Pilenga, Guglielmo Badoni, Laura Lecatelli, Carmelo Silva, Mario Brignoli, Emilio Pedroni, Vittorio Capelli, Francesca Bassurini

Durata: h 2.50
NazionalitàItalia 1978
Generedrammatico
Al cinema nel Settembre 1978

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Trama del film L'albero degli zoccoli

Inverno 1898, quattro famiglie vivono in una cascina nella provincia di Bergamo. Periodicamente devono versare parte dei raccolti al padrone della fattoria. Un giorno un bambino torna da scuola con uno zoccolo rotto e il padre ne intaglia uno nuovo. Ma per farlo ha tagliato un albero senza chiedere il permesso. La punizione è severa...

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Voto Visitatori:   8,26 / 10 (37 voti)8,26Grafico
Voto Recensore:   10,00 / 10  10,00
Miglior film
VINCITORE DI 1 PREMIO DAVID DI DONATELLO:
Miglior film
Miglior film straniero
VINCITORE DI 1 PREMIO CÉSAR:
Miglior film straniero
Palma d'oro
VINCITORE DI 1 PREMIO AL FESTIVAL DI CANNES:
Palma d'oro
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Voti e commenti su L'albero degli zoccoli, 37 opinioni inserite

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Gruppo REDAZIONE amterme63  @  23/09/2013 18:44:56
   9½ / 10
Per me si tratta di una delle più sincere e veritiere rappresentazioni del "vecchio" mondo contadino italiano. Alla sostanziale fedeltà allo spirito di quel mondo per secoli fondamento della società italiana, e ormai scomparso, si aggiunge una cura particolare all'immagine, alle ambientazioni, alle scenografie. Il tutto fa un'opera formalmente quasi perfetta e soprattutto dotata di intensissimo pathos (mai pellicola ha saputo esprimere l'intensa fatica, il lavoro continuo, la vita grama e precaria ma allo stesso tempo così salda e attaccata ai suoi valori). Io ho potuto riconoscere mio padre e i racconti che mi ha fatto della sua infanzia contadina. Per questo a me ha colpito particolarmente questo film. Io so che in quella società il sentimentalismo e l'espressione diretta dei sentimenti era bandita. Eppure mai come allora si "teneva" alle persone e si curavano, anche se non si baciano, non si abbracciavano. Erano gli sguardi che dicevano tutto.
Uno dei suoi pregi del film è il fatto che questo mondo viene ritratto senza pregiudizi, senza interporre la nostra visuale di oggi, di uomini laici e industrializzati. I valori di allora vengono mostrati ed espressi come se fossero veri e validi, giusto come venivano genuinamente sentiti allora. Per questo nel film si accenna ad un "miracolo" (la guarigione della vacca), che probabilmente non lo era, ma come tale viene rappresentato e sentito, giusto perché allora ci si credeva veramente. Così pure le superstizioni vengono prese con la massima naturalezza.
In effetti oggi troviamo ridicoli i discorsi sulla provvidenza, sull'aiuto divino, sulla fedeltà assoluta a certe norme di comportamento di allora, che si voleva rimanessero immutate ed eterne. Eppure era questo sentire, la "tutela" che esercitava la Chiesa, che permetteva a questo mondo di reggersi e sopravvivere spiritualmente.
Oggi forse possiamo dubitare e ritenere tutto falso, allora invece "funzionava" e garantiva coesione, aiuto reciproco, sopravvivenza. Erano pur sempre "valori" etici e questo di fronte ad un'epoca (l'attuale) che ha deciso forse di fare a meno completamente di qualsiasi valore etico (il nichilismo, il materialismo e il cinismo imperante).
Lo scopo di Olmi quindi è quello di lasciare ad imperitura memoria una rappresentazione etica e spirituale del mondo contadino e della sua gente semplice, rustica, umile e laboriosa. In qualche maniera opera attivamente sulla materia filmica celebrando la gente dello scomparso mondo agricolo italiano/padano con le immagini "belle" che richiamano espressamente la grande scuola pittorica del realismo ottocentesco (Millais e i Macchiaioli), come pure la pittura semplice e realistica del barocco bergamasco (Savoldo, Moretto e anche il Pitocchetto). Il mezzo più diretto nel processo di esaltazione dei poveri e degli umili di una volta è nell'inserimento nelle scene più ordinarie del sottofondo musicale sublime di Bach.
In effetti l'onnipresenza della fede e dell'istituzione chiesastica in ogni atto e in ogni momento della giornata di questa gente (simboleggiata dal continuo scampanio anche in momenti in cui è strano che suonino le campane) può sembrare rappresentata come fin troppo positiva e un po' esagerata, quasi politicamente "schierato" (vedi la non positiva rappresentazione dell'agitatore politico durante la fiera paesana).
Ci pensa però il durissimo finale a raddrizzare la bilancia, a mostrare come l'impalcatura consolatoria e assistenziale della chiesa sia stata sempre e comunque subordinata (se addirittura il puntello) alle gerarchie sociali, le quali non solo non vengono messe in discussione, ma addirittura accettate e subite senza protestare. Il pover Battistin viene lasciato partire solo, non viene nemmeno salutato dal gruppo di abitanti della cascina; sempre solidali e pronti a darsi una mano l'un l'altro, ma adesso no, perché la legge del padrone passa prima dei valori cristiani. Il parroco e la chiesa non si peritano nemmeno di aiutare il povero Battistin; dov'è la pietà e la solidarietà a chi è povero?
Un finale durissimo e rivelatore, il quale non fa altro che elevare quest'opera a uno dei più intensi e coinvolgenti ritratti umani di una società.

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