Un villaggio protestante della Germania del Nord. 1913/1914. Alla vigilia della prima guerra mondiale. La storia dei bambini e degli adolescenti di un coro diretto dal maestro del villaggio, le loro famiglie: il barone, l’intendente, il pastore, il medico, la levatrice, i contadini. Si verificano strani avvenimenti che prendono un poco alla volta l’aspetto di un rituale punitivo. Cosa si nasconde dietro tutto ciò?
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Mi sento di definire questo film così: un'operazione chirurgica a cuore aperto fatta senza alcuna anestesia. Siamo tanto sicuri che gli "innocenti" bambini mostrati da Haneke siano tali? Certo: assorbono dagli adulti, ma ci mettono del loro, ci mettono un qualcosa che va ben oltre il semplice istinto di sopravvivenza. C'è un desiderio di giustizia che diventa vendetta, c'è una autoprotezione che diventa menzogna, poi ipocrisia e infine furbizia e impunità. Quello era l'humus della Germania hitleriana? Probabilmente sì, ma quel che mi ha davvero sconvolto del film è l'universalità del suo assunto e, ancor più, le affinità socio-culturali con l'attuale Europa e con certa "sana" provincia italiana di oggi. Grandi meriti alla straordinaria fotografia in bianco e nero e a tutte le lunghe inquadrature "di spalle" che indugiano sulle emozioni degli interlocutori dei personaggi che parlano.