Nel settembre del 1944, con la forza della disperazione, Varsavia insorge contro gli occupanti tedeschi, che contrattaccano con tutto il peso della loro struttura militare. Un gruppo di patrioti cerca di sfuggire all'accerchiamento tedesco attraverso le fogne ed è una terribile odissea che si carica progressivamente di toni da tragedia, man mano che le fila di questi ardimentosi si assottigliano.
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Qualcuno dice che c’è sempre una via di uscita. Che è sufficiente provarci, avere coraggio. Che da ogni situazione, se si ha la volontà, ce ne si può cavare fuori. Provate a chiederlo a quei partigiani polacchi, nella Varsavia assediata del 1944, se tutto ciò è possibile. Provateci, ma non vi risponderanno. Sono morti, tutti, e non di vecchiaia. Orribilmente, al buio, tra il fetore, tra i miasmi, tra la mer.da, come topi. Anzi i topi nelle fogne si sonno adattati, si nutrono, prolificano, ci vivono. Loro sono morti come uomini. Provate a chiederlo a Wajda, uno di quegli artisti che la guerra l’ha vissuta. Uno di quelli ai quali la guerra è entrata nelle ossa, sino a diventarne il midollo. Wajda, uno di quelli che ha cominciato a chiederselo da “Pokolenie”, che proseguirà con “Cenere e diamanti”, che s’ostinerà a farlo per tutta la sua carriera. Guardatevi “I dannati di Varsavia” e loro vi risponderanno: No, non esiste via di fuga alla guerra. Nessuno di quei partigiani troverà uscita alle fogne, a quei dedali d’asfissia e terrore che disperderanno, tra i loro atri condotti, le diverse storie dei sopravvissuti, sino a sopprimerli. Esse che richiameranno a sé l’unico scampato, il comandante; che sbuca fuori la testa, accolto dalla luce, tra le rovine del centro di Varsavia, ora immagini di salvezza; e si trasforma in assassino, e nuovamente s’inabissa.
Allora ditemi, se questi tra la mefite, nelle tenebre, tra le feci come topi; questi, dannati di Varsavia, spinti dalla disperazione in cloache d’angoscia, e costretti a strisciare in luridi cunicoli al pari degli scarafaggi; dite voi - qualora possiate asserirlo - ditemi, “se mai questi furono uomini…”