l'angelo del male regia di Jean Renoir Francia 1938
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l'angelo del male (1938)

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locandina del film L'ANGELO DEL MALE

Titolo Originale: LA BÊTE HUMAINE

RegiaJean Renoir

InterpretiJean Gabin, Simone Simon, Fernand Ledoux, Julien Carette

Durata: h 1.41
NazionalitàFrancia 1938
Generedrammatico
Al cinema nel Marzo 1938

•  Altri film di Jean Renoir

Trama del film L'angelo del male

Jacques Lantier lavora nella ferrovie ed è affetto da una malattia ereditaria, l'acolismo che influisce negativamente sulla sua psiche. Di questa vulnerabilità ne fa uso Séverine che cerca di convincerlo a eliminare il marito. Ma l'acolista volge la sua violenza proprio verso di lei.

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Voto Visitatori:   8,50 / 10 (20 voti)8,50Grafico
Voto Recensore:   9,00 / 10  9,00
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Voti e commenti su L'angelo del male, 20 opinioni inserite

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USELESS  @  28/12/2009 23:39:51
   6½ / 10
Beh di questo lessi il libro di Zola, non mi pare che Renoir abbia fatto meglio del libro o aggiunto qualcosa, uno meno riusciti per me!

2 risposte al commento
Ultima risposta 10/06/2010 11.30.27
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dobel  @  15/12/2009 09:54:24
   9½ / 10
Il titolo originale del film è 'La bestia umana'; ma chi è la bestia a cui si riferisce il titolo?
I personaggi descritti sono tutti delle 'bestie'. Il male è anatomicamente in loro; la componente bestiale, se nel personaggio interpretato magistralmente da Gabin è evidente e immediata, è presente con sfumature differenti in tutti gli altri. Severin è il male che genera il male nel prossimo; il marito di lei è il male che uccide per convenienza e gelosia e che si abbandona allo 'schifo' al quale rimarrà per sempre appiccicato; il padrino di lei, personaggio che quasi non vediamo, è il male che si serve del prossimo per soddisfare il proprio piacere in cambio di protezione e favori; Lantier è il male ereditario e per questo, forse, meno colpevole. E' il male che non può essere controllato, incosciente, involontario... quando prende coscienza di se' decide di annientarsi.
I personaggi di quest'opera sono immersi irrimediabilmente in una vita che non lascia scampo, e nella quale non si può aspirare ad una felicità sulla quale non si stagli alcuna ombra. La vita è una prigione nella quale il male si impadronisce in qualche modo di noi e, malgrado i nostri sforzi e malgrado si desideri di affrancarsi dal proprio passato, quello ritorna inesorabile e la nostra colpa e la colpa dei nostri padri non ci lascia scampo.
Il film di Renoir è l'ennesimo capolavoro; girato come un noir, con una fotografia notturna e meravigliosa, è un'analisi lucida dei tanti modi in cui il male vive e si manifesta in noi e attorno a noi. I personaggi che incontriamo e che seguiamo nel film, li incontriamo ogni giorno; spesso siamo noi stessi a manifestare quei sintomi.
Il treno che corre è un po' come il fiume dell'omonimo film: la vita passa, la gente nasce, vive e muore mentre il mondo trascorre immutabile.
Il treno è una metafora del viaggio della vita esattamente come il fiume. Pochi decenni dopo il poeta della beat generation Lawrence Ferlinghetti scrisse una bellissia poesia, "La lunga strada", adottando la metafora del treno sul quale si sale e si scende, si incontrano persone e si vedono paesaggi.
In questo film la presenza del treno restituisce allo spettatore la sensazione dello scorrere impassibile dell'esistenza, una costante in seno alla quale si consumano drammi e miserie.

2 risposte al commento
Ultima risposta 16/01/2010 08.50.42
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Invia una mail all'autore del commento wega  @  10/01/2009 23:37:26
   9½ / 10
"In certi momenti lui la sentiva bene quella tara ereditaria, e cominciava a pensare che stesse pagando per gli altri".

Da un romanzo di Emilio Zola, Jean Renoir at his best. Una poesia impressionista sul Male secondo questo ineguagliabile regista. Elegantissima ballata malefica e ambigua MA MAI MORALISTA carrellata di personaggi che rappresentano l' altra faccia della società, personaggi scambiati anche per persone "proprio gentili": un futuro assassino, un potenziale pedofilo, una moglie fedifraga e soprattutto "un figlio di generazioni di ubriaconi di cui lui era il frutto guasto"; un uomo "spinto a commettere atti contro la sua volontà, per cause che in lui non esistevano più". Con quest' ultimo interpretato da Jean Gabin -attore sempre più vicino all' essere il numero uno- "La Bète Humaine" è uno dei più bei film degli anni '30, e non solo, dove le convenzioni della suspense vengono messe da parte con la totale assenza di una colonna sonora di supporto: il risultato è un silenzio angosciante e assolutamente realistico, che invece mette suspense davvero però. Indispensabile il caratterista (forse) preferito da Renoir di cui non ricordo il nome, e Simone Simon dimostra già di essere la felina adatta per Tourner. Da antologia il montaggio delle sequenze iniziali sul treno.

6 risposte al commento
Ultima risposta 11/01/2009 12.45.16
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Mizoguchi  @  31/08/2007 00:14:13
   10 / 10
La bestia umana non è un personaggio del film e non è un termine usato con un'accezione obbligatoriamente negativa, la "bestia" umana è proprio l'animale uomo/donna che si dibatte tra le convenzioni sociali e gli istinti più ferini. Le bestia umana sono (siamo) tutti, dal capo treno, al conducente di locomotiva al capo della polizia la cui giustizia cede al più becero dei pregiudizi davanti all'omicidio.
Ledoux da integerrimo capo treno, dal definito senso del dovere decade lentamente a figura sfumata (processo attuato praticamente con l'uso della profondità di campo, vedi la scena di lui alla finestra con i convogli sullo sfondo) in crisi, preda del vizio e sopratutto dalla principale motrice umana: la gelosia.
Proprio la motrice diventa infatti umana, Jean Gabin ama la sua locomotiva e i loro "amplessi" scandiscono il film (vedi la magistrale sequenza d'apertura) ma sopratutto lo sfogo dopo il primo rifiuto di Severine in cui i desideri carnali non evaporano ma sublimano tra i pistoni e le rotaie.
Renoir anche se con linguaggio naturalista crea un rapporto diretto uomo-animale-macchina quasi come uno Tsukamoto ante-celluloideram.
Infatti la natura non è semplicemente dipinta ma attentamente caricata di valori simbolici carnali e sensuali, come il canale di scolo che colma fa trabordare il secchio d'acqua in una sensualissima metonimia, lasciando fuori campo l'amplesso.
Poi come non restare incantati della colonna sonora industriale, compostata talvota quasi totalmente da rumori meccanici assordanti in cui le voci umane seppura gridate non sono che flebili ronzii.
Imponente Jean Gabin, stoico nel suo malessere a cui non puoi sfuggire, imperdibile l'urlo finale che scuote tutto il film e per una volta l'impetuoso rumore della locomotiva sta ad ascoltare...

p.s.
Splendida Simone Simon, seducente donna pantera che non sa amare e serpeggia e sfugge di mano in mano, anche da quelle poderose di Gabin (o quasi...)

3 risposte al commento
Ultima risposta 06/01/2009 19.36.26
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Gruppo COLLABORATORI Marco Iafrate  @  21/05/2007 21:20:39
   9 / 10
Straordinaria interpretazione di Jean Gabin nel ruolo di un uomo colpito da una forma di alcolismo ereditario che gli fa contrapporre momenti di normale lucidità a momenti di pura follia omicida.
Atmosfere tipiche dei noir francesi, con scene stupende come quelle riprese dalla telecamera posta sopra la locomotiva, e primi piani degli attori principali ( Gabin e Simon ) di un'espressività unica, in particolare lui, nei momenti in cui la follia si impossessa della sua psiche e lei nei momenti di passione e seduzione tipici della femme fatale.

1 risposta al commento
Ultima risposta 15/01/2010 16.32.05
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