8 1/2 regia di Federico Fellini Italia, Francia 1963
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8 1/2 (1963)

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locandina del film 8 1/2

Titolo Originale: 8 1/2

RegiaFederico Fellini

InterpretiMarcello Mastroianni, Claudia Cardinale, Sandra Milo, Anouk Aimée, Rossella Falk, Mario Pisu, Barbara Steele, Guido Alberti

Durata: h 2.20
NazionalitàItalia, Francia 1963
Generedrammatico
Al cinema nel Settembre 1963

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Trama del film 8 1/2

Il regista Guido Anselmi, reduce del successo del suo ultimo film, vorrebbe prendersi una pausa per riposarsi. Ma le continue pressioni del suo produttore, della troupe e dei suoi amici, lo obbligano a trovare un'ispirazione per un nuovo film…

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Voto Visitatori:   8,79 / 10 (181 voti)8,79Grafico
Voto Recensore:   10,00 / 10  10,00
Miglior film stranieroMigliori costumi
VINCITORE DI 2 PREMI OSCAR:
Miglior film straniero, Migliori costumi
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Voti e commenti su 8 1/2, 181 opinioni inserite

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stratoZ  @  08/09/2025 15:25:15
   10 / 10
ATTENZIONE POSSIBILI SPOILER

Capolavoro assoluto, un film semplicemente meraviglioso che ha segnato la storia del cinema col suo linguaggio fresco ed innovativo, surreale e così espressivo da lasciare un grosso quantitativo di messaggi che possono variare in base alla sensibilità dello spettatore, per quanto mi riguarda, definirei 8 e mezzo come il più bel flusso di coscienza mai realizzato, tutto qui, tramite un pretesto relativamente semplice, quello di un regista che è riuscito ad ottenere un buon successo dal suo film precedente, e che ora è messo alle strette dall'ambiente, venendo quasi costretto a realizzarne uno subito dopo, senza però avere la minima idea su cosa fare, da qui Fellini introduce una narrazione agli antipodi della concezione classica, da cui il cinema in quegli anni si stava progressivamente distaccando, con una serie di scelte che travalicano i meri concetti di tempo e spazio, andando verso un'analisi approfondita della coscienza del protagonista, che alla fine sarebbe semplicemente l'alter ego del regista stesso.

Da ciò il film introduce svariati elementi, di cui si potrebbe parlare per giorni, se non settimane, creando una ramificazione tale che rende difficoltoso parlarne a 360 gradi, e visto che non sono pagato da una casa editrice per scrivere un saggio di cinquecento pagine, tratterò solo quelli che ho sentito più influenti: uno di questi è il contesto, che si mischia tantissimo col caos, il protagonista per buona parte del film viene rappresentato come una trottola che gira tra produttori, attori, tecnici, addetti ai lavori, giornalisti, critici, opinione pubblica, spettatori, in un continuo batti e ribatti tra queste figure che in qualche modo interagiscono col protagonista portandolo verso la più totale confusione, ogni frase sembra in contraddizione con l'altra, ognuno in qualche modo facendo i propri interessi, sotto questo punto di vista mi è sembrato che Fellini abbia caricato particolarmente l'interesse su quelle che sono le aspettative sull'artista, continuamente pressato dal resto dell'ambiente per la realizzazione di questo film di cui non ha ancora idea di cosa parli, ricevendo costantemente ultimatum che siano da parte dei produttori, frettolosi di girare tutto in quattro e quattr'otto per risparmiare qualcosina, dalla stampa curiosa di sapere le sue opinioni sulle svariate tematiche più scottanti, e a proposito di questo, tramite le domande della stampa Fellini anche muove una subdola ma non troppo critica all'ambiente critico - scusate il gioco di parole - che qui mostra una sfacciata superficialità, basti vedere le domande riguardante la politica in cui un giornalista in ogni modo cerca di capire se l'autore sia di destra o di sinistra, la denuncia ad una tendenza di estrema polarizzazione di questo ambiente che viene usata più per vendere e creare superficiale dibattito piuttosto che parlare dell'arte in sé, allo stesso tempo vi è la anche una dissacrante parodia del critico saccente, sappiamo tutti di quale personaggio sto parlando, sempre caustico nei confronti dell'artista senza delle vere motivazioni alla base, quel critico che parla per frasi fatte e citazioni, usando paroloni di difficile comprensione per nascondere la debolezza della sua tesi, quel critico con la puzza sotto il naso che parla male di un'opera per darsi un tono da intellettuale, sentendosi ingiustificatamente superiore al resto del mondo, e da questo personaggio fuoriescono delle emblematiche frasi che probabilmente Fellini si è divertito a rigettare alla critica del tempo, visto che descrivevano sotto un punto di vista particolarmente negativo le sue opere.

Poi c'è tutta la parte più intima, che non riguarda solamente l'arte, quella che psicanalizza, il personaggio, che apre un mondo che va dai bei ricordi dell'infanzia, con la solita spiaggia del regista, suo elemento tipico ed una gioventù in cui ha iniziato a scoprire il mondo femminile, interessantissimo questo punto di vista, in cui Fellini è brutalmente onesto, mostrando un protagonista egocentrico e misogino, il quale ha sviluppato un ambiguo rapporto con le donne, dalla moglie verso la quale vi è un blocco di incomunicabilità, alle altre figure femminili, alcune soltanto desiderate, altre con cui ha passato delle brevi esperienze, a tal proposito è impossibile non citare quella meravigliosa scena del sogno dell'harem, la confessione definitiva, ma anche una presa di coscienza, dei desideri più reconditi del personaggio, nel suo essere dispotico e totalmente desiderato da queste donne che vivono solo per lui, è una scena che funziona benissimo nella sua ambiguità, andando contro ogni morale e scendendo nella più brutale schiettezza, che alla fine di tutto si concretizzerà in un finale meraviglioso ed estremamente liberatorio in cui il suicidio prende addirittura una valenza positiva - e parecchio simbolica direi - in cui vi è la presa di consapevolezza finale, quella che sembra sistemare tutto, l'accettazione di ogni problema, del caos della vita, la realizzazione del fatto che non tutto si può risolvere e che certe cose vanno accettate per come sono, in quel momento Fellini, il protagonista e lo spettatore si liberano di ogni possibile giudizio e pressione esterna, andando al cuore dell'arte stessa, arte come espressione, arte come ricordo, arte come prolungamento della personalità.

8 e mezzo è una splendida presa di consapevolezza su se stessi in rapporto all'arte ed alle aspettative che genera, un film che fa meravigliosamente accettare ogni aspetto, il dubitare di se, lo scardinare le proprie certezze, capendo che fa parte del percorso, un braccio di ferro tra l'ego e l'anima che dopo un lungo viaggio nella parte più paranoica e recondita della propria coscienza, a mio parere ha un esito estremamente positivo:

"Una crisi di ispiration? E se non fosse per niente passeggera signorino bello? Se fosse il crollo finale di un bugiardaccio senza più estro né talento?"

Poi ci sarebbe da parlare ancora dello stile, meravigliosamente ispirato, una serie di sequenze una più bella dell'altra, che sfociano continuamente nel surreale, il viaggio all'interno della coscienza di Guido è fatto di momenti di rara bellezza visiva, fin dalla sequenza iniziale con quell'inquadratura dall'alto dell'uomo tenuto da un filo come un palloncino ai vari momenti in cui domina il caos, Fellini riesce ad imporre una regia straordinaria, restando spesso in bilico tra realtà, ispirazione artistica e sogno, con un frequente uso del chiaroscuro e della silhouette che gioca con le forme, creando una continua danza dal sentore poetico che si concretizza in quella sarabanda finale che sprigiona tutta la gioia rimasta in canna fino a quel momento.

Un meraviglioso, surreale, poetico, turbine di emozioni, visivamente clamoroso.

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