stand by me - ricordo di un'estate regia di Rob Reiner USA 1986
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stand by me - ricordo di un'estate (1986)

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locandina del film STAND BY ME - RICORDO DI UN'ESTATE

Titolo Originale: STAND BY ME

RegiaRob Reiner

InterpretiWil Wheaton, River Phoenix, Kiefer Sutherland, Richard Dreyfuss

Durata: h 1.36
NazionalitàUSA 1986
Generedrammatico
Tratto dal libro "Stagioni diverse (Il corpo)" di Stephen King
Al cinema nel Novembre 1986

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Trama del film Stand by me - ricordo di un'estate

Raggiunto dalla notizia della morte di un amico, uno scrittore ricorda un episodio dei suoi anni tra infanzia e adolescenza: insieme con alcuni coetanei si era inoltrato nei boschi dell'Oregon, seguendo la strada ferrata, per ritrovare il corpo di un ragazzo scomparso.

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Voto Visitatori:   8,29 / 10 (247 voti)8,29Grafico
Voto Recensore:   9,00 / 10  9,00
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Voti e commenti su Stand by me - ricordo di un'estate, 247 opinioni inserite

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  Pagina di 1  

Godbluff2  @  28/08/2022 23:58:44
   8½ / 10
Film bellissimo, il mio preferito dell'eclettico Rob Reiner, impeccabile mestierante del cinema. "Stand By Me" è anche un film al quale sono particolarmente affezionato, che affronta temi e li racconta con toni che mi colpiscono e commuovono profondamente, ed è splendidamente tratto da uno dei racconti più belli di Stephen King, quel "The Body" che è una delle più brillanti dimostrazioni del fatto che King ha scritto alcune delle sue più belle pagine quando non ha scritto di horror propriamente detto.
Un racconto che si dimostra molto adatto ad una trasposizione su schermo, con un adattamento estremamente fedele e diretto di situazioni e dialoghi, in certe occasioni con alcuni cambiamenti di poca rilevanza (tranne un aspetto che dirò), in altre con una trasposizione copia-incolla del testo scritto, affidando il lavoro alla regia adattabile e professionale di Reiner, che conosce benissimo il suo lavoro e sa quale sia lo stile migliore con cui vestire questo o quell'altro film di volta in volta.
In "Stand By Me" il lavoro "di forma" alla mdp di Reiner è discreto e del tutto funzionale al lasciare spazio alla narrazione, uno stile pulito, discreto, classico, capace di far risaltare la grande godibilità di molte sequenze. Eccellente, e piuttosto faticoso, il suo lavoro di direzione dei quattro giovani attori protagonisti, a dire il vero privi di particolare talento naturale, fatta eccezione per River Phoenix ovviamente, e dal quale Reiner trasse il meglio possibile, anche con una certa severità (onestamente però, devo dire che rispetto alla versione originale, tre su quattro dei ragazzi ci guadagnano dall'ottimo doppiaggio del film).
Rob Reiner e i due sceneggiatori del film insomma accompagnano su grande schermo senza alcuna mania di protagonismo o stravolgimento la storia di King, racconto di formazione crudo e delicato in una volta sola e profondamente intriso di malinconia.
Il ricordo di quell'ultima estate dell'infanzia, caldissima nel Maine dei primi anni '60, scaturisce dall'improvvisa perdita dell'amico fraterno di quei giorni lontani e la memoria torna al viaggio di quei quattro amici alla ricerca del cadavere di un loro coetaneo, un ragazzo scomparso pochi giorni prima nei boschi non troppo distanti.
Tutto in "Stand by Me" è perfettamente ripreso dalle pagine di King, tutti i suoi topoi sono mantenuti: i quattro giovani amici sono, chi in un modo, chi nell'altro, degli emarginati, dei ragazzi considerati senza futuro, dei ragazzi che vivono in un mondo durissimo che sembra determinarne il fallimento già in partenza, con delle situazioni familiari estremamente disagiate e trovano conforto soltanto in quella profondissima, anche se in fondo effimera, amicizia che in quell'avventura d'estate troverà il suo culmine e il suo termine naturale. Gordie Lachance come alter-ego di King (uno dei tanti, Gordie in particolare è una prefigurazione chiara dell'altro alter-ego, Bill Denbrough, come tutta la banda qui anticipa i "Perdenti" di "It"), ovvero "lo scrittore", e tutte le altre tipiche caratteristiche autoriali di King.
Poi c'è molto, molto altro. "Stand by Me" non è un racconto horror propriamente detto, certo, ma è un racconto dove l'orrore, quello "normale" e non sovrannaturale, è onnipresente, ogni volta che si volta lo sguardo in qualche direzione. Castle Rock (chi conosce King, sa) qui è culla di orrori umanissimi e forse per questo più spaventosi di quelli ultraterreni che si troverà ad ospitare in altre occasioni. Dio, che vermi schifosi i genitori di Gordie.
Il film lo rende bene, rende bene le sequenze di maggior impatto emotivo, rende bene i forti conflitti interiori dei quattro ragazzini, la loro confusione, la loro paura, la loro forza, la loro debolezza, il loro tenersi uniti a vicenda. Rende bene le scene più iconiche ("Alle palle, Chopper!"), rende benissimo i due dialoghi più belli del libro, che lo diventano anche del film, entrambi tra Chris e Gordie, in due scene meravigliose (la prima, quando Chris incita Gordie a continuare a scrivere le sue storie, dialogo di grandissima profondità e di grande forza emotiva, a maggior ragione perché-come specificato dallo stesso King nel racconto- viene da un ragazzo di appena dodici anni, costretto a crescere fin troppo in fretta; la seconda, il racconto di Chris sul furto dei soldi del latte, orrori di squallore umano, orrori di tutti i giorni, i quali King tiene molto a raccontare) esaltate da un Phoenix già bravissimo. Rende benissimo, Reiner, il climax del ritrovamento di Ray Brower, punto di non ritorno, momento di crescita, di presa di coscienza, di confronto con i propri demoni, persino.
Il film rende persino meglio almeno un momento, quello del treno, molto più efficace cinematograficamente che su carta a mio avviso. Funziona nelle riduzioni e nei modellamenti che il cambio di media impone ed è un'ottima scelta quella di lasciare, tra i racconti di Gordie, quello della gara di torte, il più efficace da trasporre al cinema, anche se è un peccato che non si sia riuscito a far notare come questo racconto Gordie lo abbia poi, successivamente, pubblicato e in generale, per quanto si faccia capire tranquillamente come da adulto sia diventato uno scrittore, che si capisca ben poco quanto successo (tanto) abbia avuto come scrittore (l'ho detto, è King stesso), quanto Chris ci avesse visto lungo riguardo Gordie. Ma sono, tutto sommato, minuzie.
Funzionano alla grandissima anche le musiche, pieno così di perle pop dei primi '60 ("Everyday" di Buddy Holly, ad esempio) con l'immortale pezzo omonimo di Ben E. King, commovente, ad accompagnare le ultime battute e i titoli di coda.
Cosa non funziona più di tanto ? "Stand by Me" non ha il coraggio di essere crudo quanto avrebbe dovuto essere. Questa è l'unica cosa che non mi è piaciuta molto, rispetto al romanzo è molto più consolatorio, nonostante tutto. Certo, il destino beffardo di Chris è una pugnalata al cuore anche nel film e fa male, tuttavia





Nascondi/Visualizza lo SPOILER SPOILER Si è scelto di edulcorare un po' soprattutto questo aspetto finale, per renderlo più fruibile come film per ragazzi, e in generale il tono è più leggero ma ci può stare, però è un peccato perché facendo questa scelta certe cose vanno perse, come il significato di quelle quattro croci uscite dal lancio delle monete, seguite, dopo un secondo lancio, da una testa (Gordie) e di nuovo tre croci per gli altri tre. Nel film quei lanci di monete diventano una gag così, che si perde un po' nel vuoto, non ha più, ovviamente, quel senso quasi sovrannaturale di inevitabile, mortale destino incombente, di malinconia dolorosa scaturita dal ricordo.
Ma al di là di questa scelta la trasposizione è tra le migliori in assoluto di uno scritto di King, a mio gusto seconda soltanto a "Shining" (che ha un'impostazione del tutto opposta, un genio del cinema alla regia e un adattamento molto più libero della traccia letteraria), ed è un film che trovo e troverò sempre splendido, dolorosamente, ma anche serenamente malinconico, come la fine dell'ultima estate dell'infanzia.

4 risposte al commento
Ultima risposta 29/08/2022 12.08.35
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