io confesso regia di Alfred Hitchcock USA 1953
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io confesso (1953)

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locandina del film IO CONFESSO

Titolo Originale: I CONFESS

RegiaAlfred Hitchcock

InterpretiBrian Aherne, Karl Malden, Anne Baxter, Montgomery Clift

Durata: h 1.35
NazionalitàUSA 1953
Generegiallo
Al cinema nell'Aprile 1953

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Trama del film Io confesso

Padre Logan era stato sorpreso in compagnia di una donna sposata, prima dell'ordinazione sacerdotale, dall'avvocato Villette. Ora questi è stato derubato dal sacrestano Keller che ha agito mascherato da prete. I sospetti cadono su Logan, naturalmente, ma costui sa la verità: Keller gliel'ha rivelata, ma in confessione. Logan viene dunque processato...

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Voto Visitatori:   7,69 / 10 (27 voti)7,69Grafico
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Voti e commenti su Io confesso, 27 opinioni inserite

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  Pagina di 1  

Gruppo REDAZIONE amterme63  @  07/01/2009 19:53:24
   8 / 10
Questi americani degli anni 50! Così attaccati alle regole e alle convenzioni eppure così vogliosi di trasgredirle. Mai epoca ha indagato così omotivamente il conflitto fra dovere e sentimento. Hitchcock ci regala con Io Confesso un’altra delle sue perle cinematografiche che riescono a rendere questo conflitto vivo e palpabile. A lui basta semplicemente scoperchiare la pentola in ebollizione, far sentire un po’ di “odore” e poi rimettere in coperchio. Il vaso di Pandora non è stato ancora aperto (lo si farà negli anni ’70).
Hitchcock punta comunque in alto, mettendo in ballo i principi sacri dell’America: fede e famiglia. I due protagonisti del film devono affrontare prove immani. Chi ha scelto la fede deve dimostrare sulla popria pelle l’adesione interiore totale a ciò che ha accettato come regola suprema. Padre Logan è disposto pure a sacrificare la propria vita pur di restare fedele ai suoi doveri etici insindacabili. La sua figura però non appare trattata molto approfonditamente se la si confronta ad esempio con quella del Parroco di Campagna di Bresson. E’ assolutamente convinto di quello che fa? Non è sfiorato dal dubbio? Il regista e l’attore non ci aiutano molto a proposito. Sì, forse qualche occhiata a terra di Clift, qualche pausa meditativa nelle sue azioni, può indicare un conflitto, un dubbio. Troppo poco però. Il modello sembra essere più che altro gli eroi di Corneille, che non avevano dubbi e per i quali il conflitto serve solo a fortificare il valore della loro ideologia. Padre Logan in effetti agisce sempre in maniera virtuosa, retta, senza una sbavatura. Diventa una specie di eroe religioso moderno, come andavano di moda negli anni ’50 (vedi il parroco del Fronte del Porto). Bisogna però dire che non alza mai la cresta. La sua è una certezza soprattutto interiore. Non gl’importa di affermarla in faccia agli altri.
Il personaggio interpretato da Anne Baxter invece deve fare i conti con il conflitto fra il suo sentimento interiore e le norme sociali a cui è forzata ad aderire in quanto donna (e quindi moglie). Qui invece c’è dietro tutta la tradizione ottocentesca delle mogli adultere, da Mme Bovary a Anna Karenina in poi. Prima degli anni ’70 del XX secolo le soluzioni a questa situazione erano due: la rinuncia al proprio sentimento o l’espulsione completa dal tessuto sociale ufficiale. In questo caso la protagonista sceglie una specie di compromesso. Segue una via retta di assoluta sincerità con se stessa, senza però ribellarsi alla rigida codificazione sociale che vuole la donna legata indissolubilmente ad un unico uomo. L’esito finale è quello per noi paradossale di una donna che sceglie di stare con un marito che non ama. Allora però era un esito diffusissimo nella buona società borghese e per nulla contraddittorio. Il dovere andava davanti a tutto.
Il film si riallaccia allo stile delle tragedie classiche francesi del ‘600 proprio perché mette in scena il conflitto interiore alle singole persone, lasciando il mondo esterno sullo sfondo. Infatti solo nella scena del tentato linciaggio appare il mondo esterno in maniera diretta. Per il resto del film è assente ma presente dentro i protagonisti.
Hitchcock indovina lo stile giusto per esaltare questo tipo di rappresentazione artistica. Intanto fa vedere e sapere solo ciò che fa comodo in quel momento per legare lo spettatore al personaggio. Tutto si dipana in maniera coalcolata per descrivere e far vivere di riflesso nello spettatore i conflitti dei protagonisti. Forse solo il flashback mediano rompe un po’ la progressione emotiva. La tecnica di ripresa è di prim’ordine, con primi piani plastici, effetti di luce/ombra molto suggestivi e scenografie che ricordano i film espressionisti. Le inquadrature sono in genere dal basso verso l’alto e questo fa sì che le figure campeggino e quasi escano dal quadro di ripresa.
Il difetto del film è più che altro l’esigenza scenica di dover in qualche modo accomodare la storia per poter ristabilire l’ordine. La trama diventa a volte piuttosto forzata e inverosimile. Qua e là c’è anche qualche tocco melodrammatico di troppo, ma tant’è: all’epoca era difficile fare altrimenti.
Da notare che a differenza dei decenni successivi, negli anni ’50 la polizia aveva sempre un ruolo attivo e decisivo nel riportare tutto alla fine nell’alveo dell’ordine (anche se rimaneva perennemente instabile).

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