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Era da tempo che un film non mi lasciava una tale sensazione di vuoto addosso. Aspettarsi da Blonde un biopic patinato e glorificante significa non avere bene idea di come funzioni il cinema iconoclasta di Andrew Dominik: più che una classica biografia, è paragonabile a una seduta spiritica pregna di immagini sontuose, drogate di reminiscenze oniriche in cui l'icona pop viene riportata alla sua essenza di donna sottoposta a metamorfosi da figure paterne false e orribili. Inutili le lodi alla mimesi di Ana de Armas.