il coltello di ghiaccio regia di Umberto Lenzi Italia 1972
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il coltello di ghiaccio (1972)

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locandina del film IL COLTELLO DI GHIACCIO

Titolo Originale: IL COLTELLO DI GHIACCIO

RegiaUmberto Lenzi

InterpretiSilvia Monelli, Evelyn Stewart, Carroll Baker, Alan Scott

Durata: h 1.32
NazionalitàItalia 1972
Generegiallo
Al cinema nell'Agosto 1972

•  Altri film di Umberto Lenzi

Trama del film Il coltello di ghiaccio

Giovane cantante spagnola si reca in casa di parenti, accolta da una cugina muta e muore misteriosamente. Dopo due altri omicidi un commissario di polizia indaga con la collaborazione di un medico.

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Voto Visitatori:   6,63 / 10 (16 voti)6,63Grafico
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Voti e commenti su Il coltello di ghiaccio, 16 opinioni inserite

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Goldust  @  13/03/2024 15:44:14
   5 / 10
I gialli orrorifici di Lenzi li ho sempre trovati abbastanza modesti e questo non spicca tra gli altri. C'è ancora la Baker come attrice feticcio, una specie di trama tipo "Dieci piccoli indiani" dove una famiglia viene decimata in modo misterioso, qualche atmosfera che funziona ed un finale ad effetto ma disonesto. Insomma, bisogna proprio essere fan del genere per trovare il film godibile.

Alpagueur  @  02/11/2020 12:07:30
   5½ / 10
Thriller docile, noioso, cliché, privo di stile, sostanza ed esecuzione. Carroll Baker continua la sua lunga serie di film horror europei con questo giallo spagnolo/italiano tipicamente contorto del regista Umberto Lenzi, che in precedenza aveva diretto l'attrice in tre film dello stesso genere, "Orgasmo/Paranoia" (1968), "Così dolce...così perversa" (1969) e "Paranoia" (1970). Sfortunatamente, il film non è particolarmente elegante, gran parte dei dialoghi è decisamente atroce, la trama giocata non offre quasi nulla di interessante e il ritmo è letargico. Cerca di funzionare come un omicidio-mistero e genera anche alcuni flashback sciatti e confusi (che alla fine sono inutili), ma non dà assolutamente idea di chi sia effettivamente l'assassino quando viene rivelato; solo un altro tipo di rivelazione "tiriamolo fuori dal cappello" che personalmente mi irrita. Questo è anche gravemente carente di elementi di sfruttamento che avrebbero potuto contribuire a renderlo più guardabile. Non c'è sangue (tutti gli omicidi sono fuori campo), niente sesso, niente nudità, niente scene di omicidio degne di nota e quasi nessuna suspense di cui parlare. Combina questo con una sceneggiatura scadente e una regia anonima e hai un film che non piacerà a nessuno se non ai più devoti fan del giallo. Ed è davvero un peccato, dato che è una produzione splendidamente fotografata ambientata in un bellissimo villaggio spagnolo nebbioso (Montseny) con poco meno di 300 abitanti, situato nella comunità autonoma della Catalogna (vicino a Barcellona), ai piedi dei Pirenei Ora apprezzo i pittoreschi locali spagnoli all'aperto a volte usati in questo film, ma quando non riesce praticamente a tutto il resto, è difficile consigliarlo per alcune riprese panoramiche di un luogo in cui ti piacerebbe fare una vacanza.
Si parte con una citazione (apocrifa) presa in prestito da Edgard Allan Poe, ma del tutto inventata da Lenzi (chi ha letto tutti i racconti del celebre scrittore americano sa che sarebbe stato impossibile che avesse coniato una frase del genere) che introduce i titoli di testa subito dopo la scena della corrida..."la paura è un coltello di ghiaccio che lacera i sensi fino al fondo della coscienza"). A tredici anni, Martha Caldwell ha assistito alla morte dei suoi genitori in un terribile incidente ferroviario avvenuto nella Francia orientale. A malapena sopravvissuta alla tragedia stessa, Martha rimase ammutolita a causa dello shock. Ora diventata adulta, l'ancora muta Martha vive con lo zio Ralph nella campagna spagnola vicino ai Pirenei. La cugina di Martha, Jenny, arriva per stare con la famiglia, ma viene rapidamente pugnalata a morte. Sembra che un maniaco sessuale vaghi per la campagna, uccidendo belle ragazze. La già traumatizzata Martha sembra essere la prossima vittima, ma il caso si rivela molto più complicato di quanto sembrerebbe a prima vista...
Allora chi c'era alla festa che avrebbe potuto uccidere Jenny? Vediamo...oltre a Martha, suo zio e la bambina (Christina), c'è il dottore di Martha (un blando Alan Scott), una conoscente dall'aria esotica (Silvia Monelli), un sinistro autista (Eduardo Fajarado), una cameriera (Olga Gherardi) e un prete (José Marco). Chi è è il responsabile? C'è anche una forte concentrazione su cose che hanno a che fare con il satanismo. Lo zio ne è ossessionato (e sembra che abbia scelto la sua casa perché si trova accanto a un vecchio cimitero), uno dei flashback è di Jenny che compra un libro sull'occulto, l'hippie indossa una collana a testa di capra ed è un satanista e c'è una testa di capra dipinta su un albero con il sangue in una delle scene del delitto...E tutto ciò non ha davvero nulla a che fare con la trama, non ha alcun motivo e sembra essere stato aggiunto quasi come un ripensamento. C'è anche una scena di corrida ripetuta all'infinito (inutile e straziante, buttata li solo per allontanare i sospetti dall'assassino), un gattino morto (chi l'ha ammazzato? l'assassino ovviamente...ma come non era trapelato che era sensibile perlomeno verso gli animali?), alcune procedure di polizia veramente inette (solo alcune delle quali possono essere spiegate dal finale), una collana con la medaglietta di Snoopy e un fantastico giocattolo elettronico di Paperino. L'ultima cosa è stata probabilmente la mia parte preferita dell'intero film.
La prestazione di Carroll Baker è decente. Il resto del cast (includendo anche Franco Fantasia nei panni del commissario del caso) è così così. La colonna sonora è discreta, ma per niente memorabile. Un po' come il resto di questo film. La citazione apocrifa attribuita a Poe ha il solo scopo di giustificare il titolo, ma di fatto non è collegabile ad alcun elemento tangibile del film, è solamente una metafora e per giunta poco calzante. Ci sono anche coincidenze troppo esasperate, ad esempio l'omicidio della studentessa sull'argine della ferrovia che fornisce un insperato alibi all'assassino, difficilmente individuabile per i meno esperti ma non più di tanto se si sono visto molti film del genere.

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Insomma se Lenzi ha indovinato alla grande la feroce sequenza iniziale dei suoi "Gatti rossi" con quella straordinaria musica di Nicolai e quella suggestiva e inquietante visita guidata al tunnel dell'orrore, qui rovina tutto da subito con l'uccisione di quel toro e persevera con l'uccisione del gatto di Christina, sequenze assolutamente inutili se non per depistare i sospetti dal killer. Poi ho trovato alquanto fastidiosa quella citazione apocrifa messa in bocca così a Poe, tanto per dare una certa importanza a un titolo altrimenti fuori luogo, ma che di fatto ha continuato a esserlo dati gli sviluppi della trama. Insufficiente. Con una musica più adeguata (non chiedo 'Red cats' di Nicolai ma almeno qualcosa che provi ad avvicinarsi) e gli omicidi non fuori campo ma girati "in diretta" il risultato sarebbe stato sicuramente migliore. Un Lenzi molto, molto lontano dai Gatti rossi, dalle Sette orchidee e da Spasmo.
Il 1972 è stato un anno particolarmente prolifico per il giallo all'italiana..."La dama rossa uccide sette volte", "Cosa avete fatto a Solange?", "L'etrusco uccide ancora", "Chi l'ha vista morire?", "Ragazza tutta nuda assassinata nel parco", "Mio caro assassino", "Sette orchidee macchiate di rosso", "La morte accarezza a mezzanotte", "L'arma, l'ora, il movente"...solo per citare i più conosciuti.

Gruppo COLLABORATORI JUNIOR Invia una mail all'autore del commento tylerdurden73  @  26/10/2012 10:29:49
   5 / 10
Anonimo giallo da consigliarsi giusto agli estimatori che desiderano completare la filmografia di Umberto Lenzi.
Una spenta Carroll Baker interpreta una ragazza rimasta muta dopo un incidente ferroviario, per l'ultima volta sarà musa ispiratrice del regista toscano in una pellicola che ammassa grottescamente omicidi e relativi funerali, seguendo un'ossatura priva di intuizioni intriganti.
Non c'è tensione e l'identità dell'assassino è supponibile con largo anticipo, per lo meno è impossibile risalire al movente ma solo perché inverosimile.
Omicidi fuori campo e scene di nudo assenti, Lenzi vorrebbe buttarla più sul piano psicologico ma gli avvenimenti non ingranano disperdendo ogni interesse tra rituali satanici, droghe e traumi infantili.
Lasciano a desiderare gli attori anche se la pecca maggiore sta nella trama troppo rigida che non riesce a divincolarsi da un evidente schematismo.
Il titolo è debitore all'introduzione firmata Edgar Allan Poe, mentre l'altra somma citazione , quella ad "Alice nel paese delle meraviglie", riproposta troppe volte finisce con l'innervosire.
Elementari gli immancabili depistaggi, forniti in maniera banale e ricamati su personaggi insipidi, mentre fastidiosamente gratuita è la scena della corrida con il toro "matato", si sarebbe potuto raggiungere lo scopo (ossia la contrapposizione tra la protagonista e la prima vittima) in modo meno efferato.
Insomma ,un 'opera tutt'altro che memorabile, con un Lenzi davvero approssimativo nella stesura del soggetto e mai capace di risollevare con qualche inaspettato guizzo il suo lavoro.

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